25 Aprile, Cartabia: “Lo spirito di unità necessario anche oggi”

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“A Genova, la liberazione anticipò l’arrivo degli alleati e fu sancita da un accordo, firmato da nemici irriducibili, due uomini appartenenti a mondi lontanissimi: un operaio comunista e un generale della antica tradizione militare prussiana, il cui incontro fu reso possibile dalla mediazione di un terzo, come sempre avviene di fronte a dissidi insanabili”.

Nel capoluogo ligure, città medaglia d’oro della Resistenza, la Ministra della Giustizia, Marta Cartabia, partecipa alle cerimonie per il 76esimo anniversario della Festa della Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazifascista.

Prima al cimitero monumentale di Staglieno, poi al ponte Monumentale, insieme al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, al sindaco Marco Bucci, al presidente dell’Istituto ligure per la Storia della Resistenza, Mino Ronzitti e al presidente provinciale Anpi, Massimo Bisca, ha deposto corone di alloro alla memoria dei deportati e dei morti di tutte le guerre.

Al teatro Carlo Felice, la Guardasigilli ha poi tenuto l’orazione conclusiva: “Lo spirito di coesione, capace di perseguire l’obiettivo della liberazione senza farsi distrarre dalle differenze e dalle divergenze, è una ricchezza che la storia della Resistenza ligure può offrire a tutto il Paese anche in questo nostro presente. La liberazione, prima, e la ricostruzione, poi, furono possibili grazie allo spirito di unità nazionale in vista del bene comune che animò tutte le componenti della Resistenza; uno spirito necessario, allora come oggi, per far fronte a evenienze eccezionali, come quella che stiamo attraversando da più di un anno.”

Nel ripercorrere le fasi storiche che portano alla liberazione della città di Genova, la ministra Cartabia ricorda come “quella firma, siglata da uomini che si erano combattuti strenuamente e in modo efferato, contribuì a coltivare un terreno fertile ove poterono attecchire le radici del difficile processo di ricostruzione morale e materiale dell’Italia e dell’Europa, devastate da decenni di totalitarismi e di guerre”.

 

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