Biobab, il nido dentro al carcere dove i bimbi crescono liberi

Asilo BioBab Carcere Bollate
FacebookTwitterWhatsAppEmailCopy Link

Ci sono bambini che vengono da fuori e altri che vengono da dentro. Bambini con mamme che abitano nel quartiere, altre che lavorano in carcere, altre che in carcere stanno scontando una pena.
Ma, una vola entrati al BIOBAB, il nido che ha sede oltre il muro di cinta del carcere di Bollate, tutti sono uguali, crescono giocando, spesso con quello che la natura offre, e imparando a rispettare gli altri e l’ambiente.

Aperto nel 2015 come nido aziendale dell’Istituto penitenziario – esigenza  particolarmente avvertita dal personale che in gran parte non può tenere telefoni cellulari ed  è rassicurato dalla vicinanza della struttura che ospita i bambini, il BIOBAB ha conosciuto progressive aperture: alle famiglie del territorio e poi alle detenute madri che possono tenere i figli piccoli con loro  in carcere.
Al momento la struttura ospita 24 bimbi fino ai tre anni di cui 14 provenienti dal quartiere mentre gli altri sono figli di genitori a vario titolo “interni” all’istituto.
“In realtà – spiega Dafne Guida, presidente della cooperativa, tutta femminile, Stripes a cui fa capo il progetto – un paio di posti sono lasciati liberi per consentire di accogliere i figli delle detenute la cui permanenza è spesso breve”.
Non solo la struttura non risente di alcun limite per la sua collocazione all’interno di un carcere, ma offre ai bimbi opportunità in più rispetto ad altre collocate nel mondo libero: “Per esempio conoscono un ‘fuori’ straordinario. C’è un giardino grandissimo, un orto didattico che permette di educare alla natura, mangiano cibo a km zero. Inoltre il nido è plastic free, i giocattoli sono realizzati con materiale di riciclo e richiamano la loro origine naturale, i bambini hanno un contatto costante con gli animali e ci sono progetti di pet therapy, curati da altre associazioni del territorio”.

L’apertura a collaborazioni, contaminazioni e alleanze è una delle caratteristiche del BIOBAB e riguarda anche i genitori, il cui coinvolgimento è risultato utile non solo per concertare iniziative funzionali alle loro esigenze, ma anche per superare  qualche perplessità nei confronti dell ‘ambiente’. Come quella mamma che ha voluto sapere per quali reati fosse stata condannata la detenuta straniera che lavora come ausiliaria nel nido.
“Importante è essere trasparenti – dice Guida – parlarne senza remore. Abbiamo voluto creare una comunità inclusiva, un luogo di cultura sull’infanzia e uno spazio per rendere consapevolmente attive le famiglie che non si limitano ad apprezzare quello che offriamo ma ormai sono loro stesse a proporre progetti e iniziative”.
Al momento quella del BIOBAB è ancora l’unica esperienza in Italia. Chi ha visitato il nido sostiene che la presenza di tante donne – operatrici della cooperativa, mamme della polizia penitenziaria e del personale amministrativo, donne libere e donne  detenute, – si avverte per accoglienza, creatività e funzionalità.
“Forse non è un caso – conclude Guida – che un posto dove si riescono a valorizzare e includere tante realtà sia stato ideato da donne, da sempre così abili nel conciliare vita privata, lavoro e molte altre esigenze”.