Montano sogna la quinta Olimpiade: “Ho imparato a gestirmi, ci credo”

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Da Padova 2016 a Padova 2019: il Trofeo Luxardo è una tappa obbligata per la sciabola mondiale, ma nel caso di Aldo Montano scandisce le date di una rinascita. Intendiamoci: Aldo non è mai “morto”, sportivamente parlando, ma gli acciacchi di una carriera ultraventennale ad altissimo livello si stavano facendo sentire e più di qualcuno cominciava a parlare di glorie al passato per il grande livornese.

L’argento di sabato in Coppa del Mondo, alla Kioene Arena, ci permette di ritrovare il campione e anche l’uomo: un Montano irresistibile come ai vecchi tempi…
“Ragazzi, anch’io avevo iniziato ad avere qualche dubbio: invece a Padova mi sono sentito come 15 anni fa, leggero, in forma. Mi sono quasi tolto un peso”.

Non che in queste ultime stagioni non fossero arrivati piazzamenti, ma la medaglia mancava da un po’…
“C’è anche un aspetto tecnico: dopo Rio è cambiato il regolamento sui tempi del circuito che segnala le stoccate e ho faticato ad adattarmi, soprattutto in difesa. Poi anche gli infortuni sono stati un fattore”.

Cosa è successo in semifinale, con un rivale titolato come il tedesco Max Hartung?
“Ero in vantaggio ma dovevo mettere ancora due botte per conquistarmi la finale: ho sentito un bel pizzicotto al solito adduttore, però ho stretto i denti e ho chiuso l’assalto. Poi in finale, con Curatoli, non me la sono sentita di fermarmi e ho tirato fino alla fine: quando arrivi a 13 la voglia di vincere fa passare ogni dolore e, per fortuna, il controllo del dopo gara ha escluso danni gravi, era solo un piccolo stiramento”.

A proposito di Luca Curatoli, come va con la concorrenza in casa azzurra?
“Mi stimola, mi piace: mi ricorda i primi anni in nazionale, quando io mi ritrovavo di fronte Marin, Scalzo e Terenzi e io stavo dalla parte dei giovani, con Tarantino e Pastore. Ora sono io il bersaglio di chi vuole emergere e in ogni caso il gruppo è importante per la gara a squadre”.

La squadra, dove tu giochi un ruolo particolare: da capitano talvolta “non giocatore”…
“Diciamo di sì ed è un ruolo che mi permette di dare sempre un contributo: anche quando mi capita di restare in panchina. D’altronde il CT sa già cosa può aspettarsi da me e quindi ha tutto in diritto di fare le sue scelte in chiave tattica, anche perché la gara a squadre viene dopo il torneo individuale e alla mia età non è una fatica da poco”.

Ora l’obiettivo è la quinta partecipazione olimpica…
“Non voglio rischiare come prima di Londra 2012, quando per la foga di vincere un titolo italiano stavo perdendo i Giochi: ho imparato a gestirmi, ma in ogni caso non ho nessuna intenzione di nascondermi e farò tutte le tappe di Coppa del Mondo, a cominciare dalle prossime di Budapest e Seul. Due scuole, quella ungherese e quella coreana, che rappresentano la tradizione e la novità della nostra arma: non posso mancare”.

Un’altra novità, il ruolo di papà…
“Diciamo che con Olimpia mi tocca affrontare il terzo allenamento della giornata: ma è troppo bello, un misto di divertimento e apprensione, in collaborazione con mia moglie. A proposito: Olga ha ricominciato a correre in pista per una società italiana e tra poco avrà il passaporto, magari ci sarà una chance in azzurro anche per lei. Per vincere la concorrenza si è affidata a Giorgio Frinolli, da atleta una gloria delle Fiamme Azzurre e ora tecnico degli ostacoli: meglio fidarsi di chi è già in famiglia”.