Biblioteca Vivente: un po’ letteratura un po’ teatro per superare i pregiudizi

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Mettersi in gioco per scavare sempre più a fondo in se stessi; per ascoltare ma anche per sollecitare e provocare. Soprattutto, per emozionarsi insieme. È l’ispirazione che ha spinto un gruppo di magistrati e volontari che operano nella Casa circondariale di Monza ad avviare insieme a un gruppo di detenuti una iniziativa unica nel suo genere: la Biblioteca Vivente. L’idea è nata in alcuni Paesi europei per favorire il superamento dei pregiudizi nei confronti di alcune categorie di persone. E sabato 5 ottobre nel carcere lombardo si è svolta la seconda edizione, aperta al pubblico, in cui tutti si sono messi in gioco.

Funziona così: ogni detenuto si è proposto al pubblico come libro vivente, cioè attraverso il racconto della sua storia, della sua vita o di parte di essa; il pubblico rappresenta la massa di lettori del libro, che viene vissuto attraverso l’ascolto della storia. L’iniziativa è stata proposta all’esterno per coinvolgere i cittadini: “Se vorrete essere uno di questi lettori dovrete venire in carcere il giorno 5 ottobre 2019 dopo che vi avremo comunicato i titoli dei libri della nostra biblioteca vivente. Insieme ai titoli vi daremo anche la cosiddetta quarta di copertina, cioè una traccia, uno spunto del libro che andrete a leggere se lo sceglierete”, spiegavano gli organizzatori.

E chi ha deciso di entrare in carcere quel giorno, ha avuto la possibilità di “leggere” due libri viventi, sedendosi a un tavolo con i detenuti che li rappresentavano. A loro si potevano rivolgere domande ma poteva anche capitare che fossero i libri viventi a fare domande al lettore, che a quel punto decideva se mettersi in gioco. La storia raccontata poteva non essere sempre la stessa, molto dipendeva dall’interlocutore, dalla sua curiosità, dalle emozioni che ogni singola parola poteva suscitare.

“Anche noi magistrati ci siamo messi in gioco, perché non si è trattato di semplici incontri, ma di inserirci in una relazione con i detenuti certamente più personale e diretta, senza salire in cattedra e con la voglia di comprendere il loro punto di vista, di aiutarli a superare il rancore verso le istituzioni ed entrare in un rapporto costruttivo che li aiuti a guardare oltre le sbarre, in vista della loro scarcerazione”. Così spiega a Gnews il procuratore aggiunto di Monza Manuela Massenz, uno degli organizzatori dell’iniziativa.

“Naturalmente non tutti i percorsi hanno un lieto fine – continua il magistrato – purtroppo ci sono le ricadute, certamente facilitate dalla difficoltà che gli ex detenuti incontrano nel reinserirsi nella società e, soprattutto, nel mondo del lavoro. È sicuramente il tema del lavoro quello che ricorre di più nei dialoghi con i detenuti: la frustrazione di non fare nulla all’interno del carcere e la preoccupazione di rimanere disoccupati una volta fuori”.

“Noi comunque proseguiamo – conclude Massenz – nella speranza di riuscire a contaminare positivamente anche quei detenuti che sono maggiormente resistenti a qualsiasi forma di trattamento. E nella convinzione di poter sensibilizzare anche il personale di Polizia Penitenziaria, sempre molto collaborativo nel favorire l’organizzazione di questa come di altre iniziative”.

I Titoli e le Quarte di copertina dei Libri Viventi