Strage Bologna, Cartabia: “Fu attacco a popolo e cuore della Repubblica”

Crediti: foto di Giorgio Bianchi per il Comune di Bologna
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Saluto il sindaco, il presidente della regione il presidente dell’Associazione dei famigliari delle vittime il cardinale, tutte le autorità presenti e ciascuno di voi.

«Quando trovo in questo mio silenzio una parola scavata è nella mia vita come un abisso».

Permettetemi di partire, oggi, da questo folgorante verso di Giuseppe Ungaretti, scritto nel 1916, nel teatro spaventoso di un conflitto che a sua volta era stato definito “un’inutile strage”.

Tra poco, alle 10,25, nell’ora esatta della deflagrazione della bomba, ci raccoglieremo in silenzio. La risposta al boato della strage, che il 2 agosto di 41 anni fa fece ammutolire tutta l’Italia è, ogni anno, anzitutto il silenzio. Quello scoppio provocò silenzio, un silenzio sbigottito, attonito, smarrito. Un silenzio che, però, attendeva una parola: una parola di significato e una parola di giustizia, come direbbe il grande Paul Ricoeur.

Il silenzio e la parola: sono due poli che hanno bisogno l’uno dell’altro. Il silenzio – che non sia solo il vuoto di un’assenza di senso – ha bisogno di parole che lo aprano alla speranza e al futuro. E la parola ha bisogno di un silenzio che l’ascolti e che l’accolga.

La scelta di esserci,– nonostante i lavori parlamentari frenetici che pure richiedono la mia presenza (li raggiungerò appena rientrata a Roma) – la scelta di essere qui oggi accanto a ciascuno di voi, alle autorità e ai familiari delle vittime, non solo a titolo personale, ma in rappresentanza di tutto il Governo, è per testimoniare il bisogno di ascoltare ancora, di ascoltare le vostre voci, il vostro lavoro, le vostre testimonianze per non disperdere quel silenzio indelebile nella memoria di chi ha patito gli effetti di quella strage – le vittime, i loro familiari, la città di Bologna – nella consapevolezza che le schegge di quella bomba ci hanno colpiti tutti.

Il Governo è qui presente per testimoniare la sua vicinanza e per dire una parola che, quasi in punta di piedi, renda rispettosamente e umilmente omaggio alle 85 vittime, ai 200 feriti e ai loro familiari che il 2 agosto di quarantuno anni fa hanno visto le loro esistenze spezzate e travolte da una deflagrazione di violenza vile e insensata.

Dunque, proverò a offrire alcuni spunti di riflessione in questa circostanza in cui è innanzitutto il dolore che si rinnova. Il dolore della perdita dei propri cari e il dolore delle ferite inferte sulla carne di chi è stato colpito. Il dolore provocato da una violazione atroce, da un attacco vigliacco al corpo dell’altro-da-sé.

La violenza stragista non si limita a cancellare la vita delle vittime, e a distruggere quelle dei loro familiari; ma deumanizza l’altro, lo spersonalizza, lo trasforma in oggetto per “lanciare messaggi” e così pone l’essere umano sullo stesso piano delle cose. In questo processo di “cosificazione”, la violenza terroristica colpisce un nemico composto da persone innocenti, senza alcuna possibilità di scampo, precipitandolo nell’abisso del nulla di cui lo stesso perpetratore è prigioniero.

Quante volte abbiamo rivisto quelle immagini, abbiamo risentito quei suoni… distruzione e morte.

La strage di Bologna, come quelle che si sono susseguite negli anni della cosiddetta “strategia della tensione”, è un fatto opaco e oscuro, sordo, incapace di comunicare perché è mosso dal nichilismo: ha bisogno di dilaniare il corpo dell’altro – cittadino comune, innocente – e con lui dilaniare quello che un’espressione inglese chiama body politic, l’unità politica e democratica di un popolo che si riconosce in una nazione. Quello del 2 agosto 1980 fu un attacco all’intero popolo italiano e al cuore della Repubblica.

La violenza vuole provocare odio, rabbia, altra violenza. È una grande legge della storia umana e il nostro presente non ne va esente. È una possibilità che ci riguarda tutti, anche oggi. Le forme cambiano, le modalità si trasformano; ma anche nella cultura del nostro tempo l’odio cieco, incapace di comunicare, genera nemici senza nome, o ne cambia il nome, storpiandolo, proprio per provocare una maggiore umiliazione e un più definitivo annientamento. Dove ci si sottrae al confronto, il conflitto si trasforma in dissidio incomponibile, avvolto in un’atmosfera incandescente preda della logica amicus-hostis, amico-nemico. E’ un rischio anche oggi, le forme sono diverse, ma non si può abbassare la guardia.

L’atto di terrore riduce l’altro a un silenzio di morte.

Siamo qui, oggi, invece per rinnovare pienamente la memoria e il valore delle persone che sono morte, di quelle che sono state lacerate nella carne, dei loro familiari: c’è bisogno di una parola che dia senso a tutto questo e c’è bisogno di una parola di giustizia.

85 persone uccise e 200 ferite furono le vittime della più grave strage in tempo di pace mai avvenuta in Italia. Erano bambine e bambini, madri, padri, lavoratori o viaggiatori.

Davanti alla lapide che reca i loro nomi si inginocchiò San Giovanni Paolo II. Davanti a quella lapide, oggi lo Stato rinnova il più solenne e concreto impegno, per giungere ad una più completa ricostruzione dei fatti che hanno segnato una stagione di violenza cieca e distruttiva, di trame occulte e di depistaggi. Non ci può essere giustizia – senza l’accertamento pieno di ogni responsabilità e per questo il lavoro dell’Autorità giudiziaria prosegue. E per questo ringraziamo l’Associazione che ha tenacemente voluto che questa attività proseguisse

41 anni dopo quel 2 agosto 1980, la polvere che rivestiva i corpi martoriati di chi si trovava in stazione; quella polvere, che avvolse Bologna come in un’unica nube soffocante e che troppo a lungo ha coperto molteplici responsabilità, oggi, quella polvere pian piano si sta diradando, si sta sollevando e lascia intravedere nuovi contorni e nuovi contorni e nuovi profili dell’accaduto.

 

Dopo molti processi, si sta celebrando ora quello ai mandanti. E di questo va dato merito alla tenace determinazione attiva, convinta e motivata dei familiari delle vittime e all’impegno della Procura generale di Bologna e di tutti i magistrati. La mia presenza, qui, oggi, in rappresentanza del Governo, vuole testimoniare la vicinanza dell’intero Governo e l’impegno – già assicurato di persona in un incontro che ho avuto al ministero col Procuratore generale – di fare concretamente la nostra parte, la mia parte per ciò che mi compete, nell’offrire tutto il sostegno necessario nel lavoro di accertamento delle responsabilità.

So bene che questo lavoro è reso particolarmente arduo dalla carenza di personale. Da tempo sono in contatto anche  con il vice-presidente del CSM David Ermini che significativamente ha voluto essere qui, per assicurare le risorse di cui avete bisogno. Questa è una competenza che spetta prevalentemente a loro ma per ciò che rientra nei miei compiti, ho più volte sollecitato il CSM ad esempio sbloccare il parere, richiesto sin dallo scorso ottobre, per attuare le piante organiche flessibili che possono supportare gli uffici giudiziari quando si verifichi una particolare necessità contingente, come ad esempio è la situazione attuale didi Bologna.

Speriamo davvero questo parere arrivi presto e che questo progetto si possa attuare. Per altro aspetto, mi sto impegnando per richiedere l’ampliamento delle piante organiche. La magistratura ha dei numeri troppo bassi, il lavoro è troppo ampio, bisogna incrementare la presenza di giudici e di personale in tutti gli uffici giudiziari e la prima cosa da fare è ampliarle per ricoprire quei posti che sono stati recentemente destinati al contingente italiano del procuratore europeo, di nuova istituzione. Anche questo sarà sottoposto al CSM che deve esprimersi al riguardo.

 

Inoltre, più concretamente in modo più ravvicinato, a breve faranno ingresso negli uffici giudiziari cancellieri e altro personale dei concorsi svolti e nei prossimi mesi ci sarà il grande ingresso del reclutamento reso possibile dai fondi del PNRR. A brevissimo ci sarà il bando per 8.500 giovani giuristi, assunzioni necessarie per dare respiro a tutti gli uffici giudiziari e anche a Bologna. La parola di giustizia è una parola alta che non può essere pronunciata solo attraverso spicciole misure concrete ma ha bisogno anche di questo per potersi realizzare. Siamo qui per dare un supporto e una vicinanza concreta, abbiamo bisogno di una macchina della giustizia che funzioni meglio proprio per il bisogno di giustizia così bruciante che non si seta neanche dopo 41 anni. Bologna sappia di poter contare su di me e su tutto il Ministero, per quanto è nella mia competenza. Il processo attualmente in corso – che fa compiere un salto in avanti verso la ricostruzione dei fatti – è una necessità per l’intera storia del Paese. La stazione di Bologna lo dicono tutti è uno snodo ma non è non solo uno snodo ferroviario e geografico, è uno snodo storico dell’intera storia d’Italia. E’ per questo, che condivido fino in fondo e faccio mia la richiesta dei familiari delle vittime, per una piena attuazione della direttiva che favorisce il disvelamento di documenti tuttora coperti dal segreto di Stato. Ed è per questo che sarà rinnovato il protocollo per la digitalizzazione dei processi di interesse storico. Ha ragione il presidente Bolognesi e quello strumento è uno strumento fondamentale per le nuove indagini ed è fondamentale per la trasmissione della memoria. Di questo ringrazio anche il lavoro che si sta facendo nelle scuole e la presenza del ministro Bianchi a questo proposito è significativo. Occorre trasmettere la memoria di quanto è accaduto alle nuove generazioni. Occorre questo lavoro di consapevolezza civile che è la migliore prevenzione contro ogni eventuale tentativo di degenerazione della nostra convivenza civile in forme di odio e violenza che non vogliamo più vedere.

Voi, familiari delle vittime, e voi bolognesi tutti, non avete mai smesso di tradurre la fiducia nelle vostre istituzioni e soprattutto le istituzioni locali: Comune, Regione ma abbiatene anche nel Governo e nello Stato. La vostra fiducia è sempre diventata una tenace ricerca, una cittadinanza attiva, una mobilizzazione viva per «ottenere con ogni iniziativa la giustizia dovuta», come scritto nello statuto fondativo dell’Associazione.

Questo è un popolo che non si rassegna che agisce, un popolo che cerca che non si siede che non si avvilisce. “Bologna sa stare in piedi, per quanto colpita”. Ogni 2 agosto, da 41 anni, Bologna si riscopre sempre più comunità viva, capace di mobilitarsi e tenace nel cercare continuamente parole di verità e di giustizia. E di speranza. Grazie.

Marta Cartabia Bologna, 2 agosto 2021

Crediti: foto di Giorgio Bianchi per il Comune di Bologna