Brescia, spazi d’incontro tra detenuti e comunità

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Mettersi in ascolto per riuscire a comprendere. Questa è la richiesta delle persone detenute della casa circondariale Nerio Fischione di Brescia con il progetto “La biblioteca parlante”, un ciclo di incontri con la comunità in partenza il 9 marzo nella biblioteca dell’istituto.

“Per loro è importante far passare all’esterno un messaggio: ‘Non siamo mostri e il carcere non è un luogo da abbandonare’”, spiega Luisa Ravagnani, garante delle persone detenute del comune di Brescia e promotrice del progetto nella casa circondariale. “Il loro obiettivo è parlare con la comunità e spiegare quali sono le cause che portano al carcere, e quali difficoltà incontrano quando cercano di reinserirsi nella società”.

Circa 30 persone recluse hanno lavorato a questo progetto, diverse per età – si va dai 24 ai 65 anni – e per paese di origine, un fattore interessante perché “emergono aspetti strettamente culturali riguardo all’impostazione dei discorsi sulla libertà di scelta, sulla verità” sottolinea Ravagnani.

Sei mesi per prepararsi agli incontri con la comunità, durante i quali i partecipanti hanno stilato un documento – “Il caffè del giovedì” – contenente le loro riflessioni su alcune parole chiave: conflitto, scelta, responsabilità, verità. “Abbiamo trovato analogie nelle storie di molti e raccolto i pezzi che sono problemi di tutti – spiega Ravagnani –, ad esempio l’incapacità di gestire il conflitto e di rendersi conto che le scelte hanno conseguenze di lungo periodo”.

La “biblioteca parlante” è un racconto del momento precedente alla commissione del reato, di una storia condivisa, di cui “Il caffè del giovedì” è un canovaccio. Come quando si parla di scelte obbligate: la decisione di delinquere è spesso frutto della percezione di non avere altre possibilità, e che fa dire alle persone detenute “di aver bisogno di una vita prima di poter scegliere”. O il conflitto, generato dall’indecisione nella scelta tra il bene e il male: “disuguaglianza, non sentirsi se stessi, punti di vista, parole da mantenere o situazioni dove ci si lascia andare”, tutte cause possibili di una frattura tra sé stessi e il mondo che, in condizioni di vita sfavorevoli, può portare a scelte sbagliate.

A conclusione del documento, alcune riflessioni sulla necessità di conoscere meglio sé stessi tramite il riconoscimento dei propri errori, per passare poi alla riabilitazione: il “cambiamento interiore, che è il primo passo, ma anche quello più importante e impegnativo”, scrivono ancora i detenuti.

Questi ragionamenti saranno offerti alla comunità come spunto di riflessione perché, spiega ancora Ravagnani, “vorremmo che ci fosse un’interazione, che si instaurasse un rapporto”. L’iniziativa ha raccolto molte adesioni da parte della cittadinanza: circa 50 persone, alcune delle quali in lista d’attesa. Se il riscontro è positivo “si può pensare a nuovi colloqui per dare a tutti la possibilità di entrare”, prosegue la garante.

L’augurio, per le persone detenute di Brescia coinvolte nel progetto, è che “questi stimoli positivi possano fare da esempio per altri detenuti”, che ci sia un ascolto anche da parte delle istituzioni e della comunità per dare spazio “a chi, con i giusti requisiti, dimostra la volontà di fare ordine nella propria vita e riprendere il proprio ruolo coeso con la società”.