Call center, lavanderia e tortellini: a Castelfranco Emilia il carcere ‘produce’

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Nella Casa di reclusione di Castelfranco Emilia, a pochi chilometri da Modena, negli ultimi anni è stata avviata una serie di progetti per valorizzare la produzione dell’Istituto che, oltre alla vasta area coltivabile, dispone anche di ampi spazi interni. L’azienda agricola, che si estende su 22 ettari di terreno, oggi ospita un vigneto diverse serre, stalle e un apiario.

“Per valorizzare al meglio le potenzialità dei terreni – spiega la direttrice Maria Martone – è stato necessario mettere in atto una serie di azioni, a partire dalla possibilità di assumere più detenuti, dando loro una formazione specifica e qualificante, fino ad aprire l’azienda agricola a una collaborazione con il territorio. Detenuti adatti a questo tipo di attività sono stati selezionati grazie a due interpelli emanati dal Provveditorato che ci hanno permesso di creare una squadra fissa di circa quindici persone”.
Ogni lavorante nell’azienda inizia la sua attività dopo la valutazione della sua idoneità da parte dall’equipe di osservazione e trattamento dell’Istituto, come previsto dall’art. dell’art. 21 dell’ordinamento penitenziario sul ‘lavoro all’esterno’ e usufruisce, sia pure con il controllo saltuario del personale addetto, di una graduale autonomia di movimento all’interno dello spazio dell’azienda.

La scelta è stata da subito quella di offrire ai lavoratori una professionalità specifica e qualificata e, nel frattempo, di realizzare colture di qualità. Grazie alla collaborazione con un ente formativo, sono stati organizzati corsi professionali in orticoltura, viticoltura, conduzione di macchine agricole e apicoltura.
Se l’azienda agricola è il settore di punta dell’intera struttura, negli ultimi anni hanno visto la luce altre attività produttive che, sottolinea la direttrice, “sono un esempio concreto di come sia possibile investire economicamente in carcere, con imprese che affiancano le finalità di profitto con il valore aggiunto dell’attenzione al sociale e al percorso di recupero dei detenuti”.

Una di queste aziende è la Icall Work Calls You srl che, in uno spazio concesso dall’Istituto, ha allestito un call center dopo aver formato e assunto 10 detenuti come operai telefonici OUT Bound.
La lavanderia industriale, che eroga il servizio di lavaggio delle lenzuola anche per la casa circondariale di Modena, è invece gestita dalla Cooperativa sociale L’angolo. Recentissima, in quanto iniziata il 9 novembre, l’attività di produzione e commercializzazione all’esterno delle ostie, gestita dalla Cooperativa sociale Giorni Nuovi con il finanziamento della Curia di Bologna. In questa prima fase di avviamento vi lavorano due internati ma è previsto un aumento dei dipendenti nel corso dello svolgimento dell’attività produttiva.

La creazione di un centro di produzione del tortellino si annuncia, infine, come il progetto che potrebbe portare visibilità all’intero panorama produttivo dell’Istituto anche per l’investimento, in termini di eventi divulgativi, da parte del Comune e da altre realtà locali. Il tortellino è, infatti, uno dei simboli  di Castelfranco Emilia, che ha dedicato, non a caso, a questa specialità gastronomica un monumento per ricordarne la nascita leggendaria.

Il laboratorio sarà gestito dall’associazione “San Nicola”, promotrice di iniziative a tutela delle tradizione locali mentre una parte saliente della formazione, già in atto, è stata affidata alle “maestre sfogline”, esperte in questo specifico settore dell’arte pastaia.
“Il progetto – aggiunge  Maria Martone – è frutto di un’importante collaborazione che si è sviluppata tra il Comune, l’istituto Superiore Alberghiero e l’associazionismo di volontariato, interessati a vario titolo a rafforzare la rete di interazione del carcere con il suo territorio attraverso gli strumenti fondamentali della formazione professionale e del lavoro specialistico”

I detenuti e gli internati selezionati per l’attività , una volta conclusa la fase formativa retribuita saranno assunti e lavoreranno nel laboratorio all’interno del Forte Urbano della Casa di Reclusione.

“Tutti questi progetti –  conclude la direttrice – consentono di affermare che l’istituto penitenziario di Castelfranco Emilia è nelle condizioni organizzative, strutturali e logistiche per gestire processi produttivi completi e per generare posti di lavoro. E’ora necessario proseguire nella ricerca di una rete stabile di collegamento con il mondo dell’imprenditoria e con la realtà economica e produttiva esterna. Una più ampia inclusione occupazionale può offrire un’immagine diversa del carcere, che non sia limitata solo a quella del luogo di sovraffollamento, di chiusura e di disagio sociale ma che faccia ne emergere anche la sua funzione formativa, sia in termini rieducativi sia professionali”.