Carcere: per fare un orto ci vuole … un dono

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L’orto della casa circondariale di Ragusa, che oggi produce una variegata quantità di verdure, legumi, piante aromatiche e pure qualche frutto tropicale, ha una storia recente, iniziata ad aprile 2020 con uno scambio di doni all’apparenza modesti: mascherine contro semi di zucchine lunghe. Le prime, confezionate dai detenuti su iniziativa dei volontari dell’associazione ‘Ci ridiamo su’ dei clown dottori, furono regalate durante il lockdown (quando ancora non si trovavano ed erano preziose per difendersi dal virus) a case di riposo e ad altre strutture. Come ringraziamento per la delicatezza del gesto ai detenuti furono inviati semi di zucchine ‘tinnirume’ (tenerezze), tipiche della Sicilia e utilizzate in diversi piatti tradizionali.

Da qui il titolo del progetto ‘Libere tenerezzeche si è sviluppato in breve tempo e con la stessa facilità con cui hanno attecchito le prime coltivazioni. Una crescita avvenuta non solo in estensione (la direzione dell’istituto ha concesso tre appezzamenti) e varietà degli ortaggi, ma anche in obiettivi e valori. L’orto è un’attività agricola a “ciclo chiuso” utilizza cioè gli scarti della cucina e quelli organici del terreno, tutto realizzato attraverso una compostiera in modo da evitare la dispersione nel terreno di minerali aggressivi, che possono essere fonti inquinanti delle falde acquifere. Contro batteri o funghi vengono usati macerati di ortica, di aglio e preparati organici mentre è bandito l’uso sostanze chimiche, anticrittogamici e antibiotici.

Casa circondariale di Ragusa - Passata di pomodori

“Il progetto è stato dedicato all’enciclica di Papa Francesco Laudato si’ del 2015 – racconta Fabio Ferlito, presidente dell’Associazione ‘Ci Ridiamo Su’ –  in cui ci rispecchiamo perché trasmette alle persone detenute un messaggio di equilibrio dell’uomo con la natura. E, tra l’altro, gli addetti all’orto stanno acquisendo una competenza veramente molto alta, utilizzabile in futuro e che può servire anche come  opportunità di riqualificazione personale”.

I detenuti sono formati e seguiti da un agronomo esperto: “Uno di loro – racconta  la direttrice Giovanna Maltese – ha visitato un’azienda che produce piante tropicali quando uscirà vuole coltivare un terreno e avviare un’impresa. L’obiettivo – aggiunge – è valorizzare tutto il buono che c’è nella persona detenuta per evitare che una volta in libertà torni a delinquere”.

Sono numerose le  esperienze di orti avviate in istituti penitenziari e coltivati da detenuti, molti dei quali, come quelli nelle carceri  di Ascoli Piceno, Ancona Barcaglione, Ancona Montacuto, Pesaro Volterra destinati  al consumo interno di personale e detenuti o a una vendita limitata.  In altre realtà, come in Sicilia, dove un’iniziativa analoga a quella di Ragusa è sorta nella casa circondariale di Giarre, si è scelto di privilegiare coltivazioni tipiche del territorio.

Gli ortaggi di ‘Libere tenerezze’ hanno già trovato una prima strada di commercializzazione in una rete di  vendita locale, aggungendosi ai raffinati dolci di ‘Sprigioniamo i sapori, alle conserve e agli altri prodotti provenienti dall’istituto ibleo realizzati con materie prime di eccellenza del territorio.