Esperienze condivise: i direttori si ‘scambiano’ i penitenziari

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“Per lo stage ho scelto la Sardegna perché volevo confrontarmi con una realtà complessa. Penso che proprio dalla complessità possano nascere soluzioni operative. Se devo crescere a livello professionale mi devo confrontare con situazioni con difficoltà e trovare soluzioni”. Queste le considerazioni di Teresa Mazzotta, uno dei direttori che hanno aderito al progetto di job expertise che prevede l’opportunità di dirigere per un mese un altro istituto. Mazzotta ha scelto di lasciare la casa circondariale di Bergamo per andare a dirigere gli istituti di Sassari e Alghero mentre la sua collega Elisa Milanesi, nello stesso periodo, ha diretto la casa circondariale bergamasca.

Un avvicendamento in tal senso è avvenuto anche tra Fabio Prestipino, direttore di Firenze Sollicciano, e il collega Marco Porcu, direttore della casa circondariale di Cagliari Uta: il primo si è trasferito dalla Toscana in Sardegna mentre il secondo ha fatto il percorso inverso direzione Firenze.

I percorsi di job expertise sono previsti nelle linee programmatiche per il 2019 del Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, per favorire “quelle scelte che promuovano, tra il personale direttivo degli istituti (comandanti e direttori), la condivisione di esperienze e di modelli organizzativi”.

Abbiamo rivolto alcune domande ai quattro protagonisrti di questa esperienza di condivisione di esperienze la vorative. Ecco che cosa ci hanno risposto.

Un cambiamento temporaneo, ma che potrebbe comportare qualche difficoltà di adattamento. Come siete stati accolti?

Teresa Mazzotta:
“L’impatto emotivo è stato forte sia dal punto di vista umano che professionale. Diciamo che anche io ho dovuto effettuare un colloquio di primo ingresso, come quello a cui si sottopongono i detenuti, ma sono stata accolta davvero bene. Ho voluto strutturare un laboratorio d’ascolto della varie famiglie professionali e sottoposto loro alcune modalità operative del mio istituto e in particolare un protocollo operativo stilato con la magistratura di sorveglianza.  Questo mi ha dato dei riscontri più autentici perché il personale si è sentito più libero nell’esplicitare il proprio pensiero, ho avvertito sincerità e rilevato margini di miglioramento nelle prassi operative”.

Elisa Milanesi:
“A Bergamo ho trovato un clima subito positivo e uno staff recettivo. In generale ho riscontrato una piena rispondenza dello stage agli obiettivi che si era proposto”

Fabio Prestipino:
“Ho scelto la Sardegna in quanto ambiente che professionalmente non conoscevo. Per me è stato come tornare in Sicilia, regione da cui provengo, per l’accoglienza, il calore e la disponibilità.”

Marco Porcu:
“Fin dal primo giorno –a Firenze e ad Uta, tutto il personale ha identificato me e il collega Prestipino come i loro direttori a tutti gli effetti; il punto di riferimento per la soluzione dei piccoli e dei grandi problemi di strutture penitenziarie complesse come sono quelle che entrambi dirigiamo. Il personale della CC di Sollicciano mi ha dato, in ogni circostanza, tutto il supporto necessario, in modo che potessi comprenderne subito alcune, mi ha consentito di gestire senza problemi l’Istituto e mi ha accolto con calore e grande cordialità, fino ad invitarmi ad alcune serate collettive extra lavorative davvero piacevoli e divertenti”

Quali analogie di criticità e opportunità avete riscontrato in realtà tanto diverse?

Teresa Mazzotta:
“Nell’istituto di Sassari  le videoconferenze sono utilizzate oltre che  per le udienze 41 bis anche per discutere casi con gli assistenti sociali. Ho trovato questa soluzione molto utile perché sappiamo quanto sia oggi difficile il dialogo con gli UEPE per carenza di personale. In tal modo è possibile far partecipare all’equipe anche l’assistente sociale che si trova in un’altra sede, presenza che migliora a livello qualitativo la discussione e l’ipotesi trattamentale rispetto alla sola relazione scritta. Inoltre questa prassi potrebbe entrare a far parte di protocolli strutturati con la magistratura di sorveglianza che possano costituire delle linee guida evitando così che le sollecitazioni agli operatori per le relazioni di sintesi provengano solo dagli avvocati. Analoga soluzione potrebbe essere utilizzata per consentire agli esperti ex art. 80 di essere presenti alle riunioni per l’applicazione degli art 14 bis o per i consigli di disciplina ed evitare che questi scadano a causa dell’impossibilità degli operatori di raggiungere l’istituto “

Elisa Milanesi:
“Utilizziamo le videoconferenze a Sassari, Alghero e Isarenas per ovviare ai tempi morti degli spostamenti. Purtroppo qualche volta problemi di connessione non ci permettono di farlo”

Fabio Prestipino:
“A Cagliari ho trovato una struttura organizzata e serena, sia pure con le criticità che gravano su tutti gli istituti. Per me è stato interessante particolarmente conoscere la realtà della ex colonia di lavoro, con pochissimi eventi critici

Marco Porcu:
“La principale analogia tra le due Case Circondariali di Cagliari e Firenze Sollicciano è rappresentata dalla tipologia della popolazione detenuta: costituita in larga misura da soggetti con gravissimi problemi personali, familiari, sociali ed economici, ai quali spesso si aggiungono quelli sanitari altrettanto allarmanti. Le dinamiche di vita detentiva interna sono le stesse, con moltissimi eventi critici che impegnano incessantemente il personale di tutte le aree e dei vari settori. Anche presso la CC di Sollicciano così come in quella di Uta l’organizzazione dei circuiti detentivi e di tutte le attività trattamentali è pesantemente condizionata e ostacolata da tale fenomeno in rapida crescita. Il principale punto di forza del NCP di Sollicciano è rappresentato dalla capacità di fare rete con gli altri soggetti istituzionali e del terzo settore. Sotto il profilo delle attività trattamentali e delle forme di probation la Casa Circondariale di Sollicciano esprime un alto livello grazie al notevole lavoro di rete con gli altri Enti Istituzionali (Regione, Città Metropolitana, Comune ecc.) e gli altri soggetti del terzo settore”.

Marco Porcu abbiamo anche chiesto come si è trovato a gestire un solo istituto dal momento che in Sardegna  quattro direttori devono occuparsi di dieci istituti… “Non avevo mai sperimentato nella gestione di un solo istituto – ci ha risposto -, benché particolarmente grande e complesso come quello della CC di Sollicciano. Ho sempre pensato, e penso ancora oggi, che sia disfunzionale affidare più istituti a un solo direttore, piccoli o grandi che siano. Credo tuttavia che, per saggiare appieno tale differenza, ci sarebbe bisogno di un periodo più lungo di gestione”.

“Peraltro – ha aggiunto Porcu -, ho potuto sperimentare per la prima volta una gestione direttoriale arricchita dalla presenza dei vicedirettori e, francamente, ho capito l’importanza di potersi confrontare con dei colleghi che assumono una visione prospettica dell’istituto uguale alla tua”.

L’ultima parola la lasciamo a Elisa Milanesi che, per migliorare un’esperienza comunque salutata da molti con favore,  suggerisce di “dare l’opportunità di ripetere gli stage sempre su base volontaria non solo tra sedi diverse ma anche tra incarichi dirigenziali non necessariamente dello stesso livello. Questo potrebbe rappresentare un’ulteriore occasione di crescita professionale”.