Chi era Andrea Schivo, l’agente di custodia Giusto tra le Nazioni

Andrea Schivo
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Assunta Borzacchiello, Direttore ufficio cerimoniale e relazioni esterne del DAP, da anni sta lavorando per raccogliere materiale da utilizzare per la pubblicazione di un libro, al momento il titolo potrebbe essere “Caduti della Polizia penitenziaria”, che descriva le storie di quegli agenti che hanno pagato con la vita il loro attaccamento al Corpo e la loro straordinaria umanità. Ecco alcuni passaggi del capitolo dedicato all’Agente di custodia Andrea Schivo.

Tra il 1943 e il ‘44 il V raggio delle carceri giudiziarie di Milano San Vittore ospitava i prigionieri ebrei ed era gestito direttamente dalle SS per conto del Comando di Polizia di sicurezza germanico, che aveva la sua base di comando al Hotel Regina. Qui il feroce comandante Otto Koch conduceva gli interrogatori con metodi spietati, impiegando le più atroci tecniche di tortura. Altri luoghi in cui si svolgevano gli interrogatori erano lo stesso carcere di San Vittore e Villa Luzzatto in via Marengo. Il V raggio era stato requisito dai tedeschi per imprigionare gli ebrei in attesa della deportazione nei campi di concentramento. Intere famiglie venivano strappate dalle loro case, uomini, donne, bambini, anziani venivano rastrellati per strada, scovati nei luoghi segreti dove trovavano riparo e dove ogni rumore, calpestio, respiro li metteva in allarme, perché ogni presenza umana avvertita poteva essere quella del carnefice che avrebbe potuto porre fine alle loro vite.

Andrea Schivo era un Agente di custodia addetto al V raggio di San Vittore. Classe 1895, era nato il 17 luglio a Villanova d’Albenga. Dal 1914 soldato di leva 1^ categoria nel distretto di Savona, fu chiamato alle armi il 15 gennaio 1915, nel 55° Reggimento Fanteria; il 15 agosto fu poi inviato in territorio dichiarato in stato di guerra per prestare servizio nei reparti di fanteria mobilitati alle dipendenze del Comando Supremo […]

[…] il 20 aprile 1917 fu dichiarato in congedo illimitato con diritto di dispensa. In possesso dei requisiti richiesti dal regolamento, presentò istanza per l’arruolamento nel Corpo degli Agenti di custodia. Il 16 luglio 1917 fu ammesso in servizio e ad agosto fu inviato a Roma alla scuola allievi agenti delle guardie carcerarie, ubicata nel complesso delle Mantellante. Il 16 gennaio venne nominato guardia con una paga annua di 1.200 lire annue e assegnato alla casa pensale di Castiadas, in Sardegna. Nel 1919 venne trasferito nella casa pensale di Pinerolo e nel 1921 ad Oneglia, dove rimase in servizio fino al trasferimento presso le carceri giudiziarie di Milano S. Vittore, avvenuto il 19 aprile 1931. […]

Andrea Schivo ha quasi cinquant’anni e tra un paio di anni può finalmente andare in pensione. Ogni giorno assiste agli stenti di quei prigionieri senza alcuna colpa, nella drammatica attesa di essere trasferiti, in un’alba qualsiasi, in un campo di concentramento. Anche per chi non è prigioniero la vita è difficile, i viveri scarseggiano, si lotta per arrivare la sera con un piatto caldo, ma ‘il secondino’ Andrea Schivo non rimane indifferente o inerte di fronte a quel dolore. Nonostante gli scarsi mezzi a disposizione, con i quali deve mantenere la moglie e la figlia, inizia a portare qualche cosa da mangiare a una famiglia ebrea detenuta al V raggio. Si improvvisa staffetta per recapitare biglietti, abilmente nascosti, tra chi è imprigionato e i familiari rimasti fuori. Nel 1944 era entrato in contatto con il prof. Francesco Cardosa, preside di liceo, marito di Clara, arrestata perché di famiglia ebraica e condotta al V raggio.2

Sono state le figlie di Clara Cardosa, Giuliana, Marisa e Gabriella, a testimoniare del coraggio e del sacrificio di Andrea che consegnava loro i biglietti scritti dalla madre dopo l’arresto, mentre alla donna, Andrea faceva giungere indumenti e cibo da parte della famiglia.

«Mia madre era stata arrestata, perché ebrea, la mattina del 12 maggio 1944 nella nostra abitazione di Gallarate da agenti di pubblica sicurezza per ordine della questura di Varese che agiva, per eccesso di zelo, in violazione delle stesse disposizioni della Repubblica Sociale Italiana che escludevano dall’arresto e dall’avvio in campo di concentramento gli ebrei di famiglia mista e quelli che erano coniugati con ariani (…) Ogni settimana io incontravo Andrea Schivo a Milano, nella sua abitazione di Via Savona, per consegnargli dei pacchi con cibo ed indumenti per la mamma e per ricevere e inviarle nostre notizie…». Gli incontri tra Giuliana, la figlia maggiore di Clara, avvenivano di sera, a casa di Andrea Schivo, che Giuliana raggiungeva in tram fino alla fermata di Porta Ticinese. La ragazza, che all’epoca aveva diciotto anni, consegnava il necessario per scrivere i biglietti e gli indumenti che Andrea avrebbe consegnato l’indomani a Clara. Nonostante la libertà di movimento all’interno del carcere di cui godeva Schivo, il pericolo è altissimo. Ne è consapevole Clara che in un biglietto scrive: «La sorveglianza è aumentata e il pericolo è grande. Vi prego anzi di non abusare della cortesia del latore del presente, egli è soggetto a continui rischi».

[…] “Nella prima settimana del giugno 1944 la mamma venne trasferita dal carcere di San Vittore a Milano al campo di smistamento di Fossoli, anticamera dei lager nazisti per poi essere deportata con l’ultimo convoglio partito da Fossoli il 1° agosto 1944 al Campo di sterminio di Auschwitz donde non fece più ritorno (…). Poco tempo dopo la traduzione di nostra madre da S. Vittore a Fossoli, Andrea Schivo era stato arrestato perché sorpreso ad aiutare gli ebrei del V raggio portando loro da mangiare e rinchiuso nella cella 108».

A ricordare l’agente Schivo furono i colleghi che, in documento sottoscritto il 15 giugno 1945, così resero giustizia al loro eroico collega: «Gli agenti di custodia delle carceri giudiziarie di Milano testimoniano quanto segue: verso la fine del giugno 1944, l’Agente Schivo Andrea fu tratto in arresto dalle SS per motivo che venne scoperto di aver agevolato degli ebrei politici con i loro bambini che si trovavano rinchiusi in queste carceri, soccorrendoli con delle ova, marmellata, frutta, di tutto quanto poteva essere possibile e utile. Cosicché l’agente Schivo, dopo una breve permanenza in queste carceri non più come guardia ma come detenuto, venne deportato in Germania dove ora abbiamo appreso per mezzo di un compagno dello stesso campo che l’agente Andrea Schivo è morto in seguito a maltrattamenti percosse e sevizie da parte delle SS tedesche di sorveglianza, lasciando la famiglia addolorata e piena di miseria».

L’arresto di Schivo, e il tragico epilogo della sua esistenza, furono riportati alla luce con la pubblicazione di un documento d’archivio del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (CDEC) di Milano, pubblicato nel gennaio 2005. Il documento conteneva la testimonianza di diciannove agenti di custodia, colleghi di Schivo, che descrivevano le circostanze del suo arresto da parte della Polizia SS. Ecco la drammatica testimonianza « (…) cosicché l’agente Schivo dopo una breve permanenza in queste carceri non più come guardia ma come detenuto venne deportato in Germania dove ora abbiamo appreso per mezzo di un compagno dello stesso campo che l’agente Schivo Andrea è morto a seguito di maltrattamenti percosse e sevizie da parte della SS tedesca di sorveglianza, lasciando la famiglia addolorata e piena di miseria». Andrea Schivo morirà, di stenti e maltrattamenti, il 9 gennaio 1945. Pochi giorni dopo, il 27 gennaio, l’Armata Rossa entrava nel campo di sterminio di Auschwitz.

L’episodio è ricordato dalle tre figlie di Carla Cardosa che, leggendo il documento, compresero immediatamente che quell’uomo di cui si parlava era l’uomo che aveva aiutato la loro mamma: «Andrea Schivo, di cui ancora non conoscevamo la drammatica sorte, era la guardia carceraria che ci fece avere le prime notizie della mamma dopo l’arresto. In quei giorni disperati a lui consegnavamo cibo e indumenti per la mamma e ricevevamo biglietti che ella nascostamente ci inviava durante la prigionia a San Vittore». La signora Clara Cardosa, grazie all’aiuto di Schivo, riuscì a mantenere per un po’ i rapporti con le figlie raccomandando loro di non esporre a troppi rischi il loro benefattore. Questo fino alla sua deportazione ad Auschwitz, dove fu subito avviata ai forni crematori.4

Il 26 marzo, lo Stato d’Israele ha attribuito alla sua memoria l’onorificenza di Giusto tra le Nazioni, la più alta fra quelle civili che lo Stato d’Israele assegna ai suoi eroi. 5 La consegna dell’onorificenza si è svolta il 27 marzo 2007 nel carcere milanese di San Vittore, alla presenza del Consigliere d’Ambasciata d’Israele a Roma, dott. Rami Hatan, dei familiari dei salvati e dei salvatori. La medaglia dell’onorificenza per Andrea Schivo è stata consegnata alla nipote Carla Arrigoni.

Il 13 settembre 2007 Andrea Schivo è stato insignito di Medaglia d’Oro al Merito Civile alla Memoria: Nel corso dell’ultimo conflitto mondiale, si prodigava con eroico coraggio e preclara virtù civica nell’alleviare le sofferenze delle famiglie ebree, rinchiuse nel penitenziario milanese di San Vittore in attesa di essere deportate nei lager tedeschi, procurando cibo e capi di vestiario e facendo giungere loro i messaggi dei familiari. Scoperto dagli aguzzini nazisti veniva trasferito nel campo di Flossenburg, dove moriva di stenti e di sevizie. Fulgido esempio di elevato spirito di servizio, encomiabile abnegazione e spiccato senso morale fondato sui più alti valori di umana solidarietà. 29 gennaio 1945 – Flossenburg (Germania)

 Ad Andrea Schivo è stata intitolata la Scuola di Formazione della Polizia penitenziaria di Cairo Montenotte.