CEDU: sanzionabili i legali che rallentano i processi

FacebookTwitterWhatsAppEmailCopy Link

L’avvocato che ritarda lo svolgimento del processo può subire sanzioni pecuniarie. E’ questo il principio sancito della Corte europea dei diritti dell’uomo chiamata a giudicare su una controversia tra l’Islanda e due legali.

I giudici di Strasburgo hanno dato ragione alla tesi sostenuta dal Paese nordico che intendeva rivalersi nei confronti degli avvocati che intendevano rinunciare all’incarico e chiedevano di essere sostituiti dal ruolo di difensori in un procedimento penale. La richiesta dei legali si basava sull’impossibilità di sostenere le ragioni del cliente perché l’accusa non assicurava il materiale e la documentazione necessari. Respingendo il ricorso avanzato dai due avvocati, la Corte ha chiarito che “il legale che non vede accolta la propria istanza di rinuncia all’incarico e ritarda il procedimento può essere condannato a versare una sanzione pecuniaria. Questo anche se la multa gli viene inflitta nel corso del processo principale e in sua assenza”.

Hanno spiegato i giudici che la condizione da garantire, in caso di condanna in absentia, è che l’avvocato possa fornire, in sede di giudizio presso la Corte suprema, nuove prove e ulteriori documenti a sua discolpa, a tutela dell’inviolabile diritto di difesa. Ed è proprio quello che la Corte ha accertato: i ricorrenti hanno potuto disporre di rimedi sufficienti, in particolare sotto forma di “ricorso davanti alla Corte suprema che aveva loro consentito di poter ottenere una decisione effettiva e fondata su motivi di diritto sulle accuse mosse nei loro confronti”.

Pronunciandosi sul caso islandese “la Corte di Strasburgo con decisione 30 ottobre 2018 n. 68273/14 e 68271/14, ha escluso all’unanimità sia la violazione dei principi del giusto processo (articolo 6 della Convenzione) sia del principio nulla poena sine lege sancito dall’articolo 7, mentre non ha esaminato il ricorso sotto il profilo della presunta violazione dell’art. 2 del Protocollo n. 7 alla Convenzione EDU (diritto all’appello in materia penale), per il mancato esaurimento dei rimedi di impugnazione previsti dalla legislazione nazionale.

Altra motivazione che ha fatto propendere la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo a favore dell’Islanda è che l’applicazione della normativa interna come pure l’ammontare delle sanzioni inflitte, erano ragionevolmente prevedibili dai due ricorrenti.

 

Allegati