Don Fausto Resmini nei ricordi di chi lo ha conosciuto

Carcere di Bergamo
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Alla memoria di Don Fausto Resmini, deceduto nella notte fra il 22 e il 23 Marzo 2020, sarà intitolato il carcere di Bergamo. Alla cerimonia, che si terrà lunedì 19 aprile nella Casa circondariale del capoluogo lombardo, sarà presente anche la Ministra della giustizia, Marta Cartabia e il capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Bernardo Petralia.
L’intera esistenza dell’ecclesiastico, spesa al fianco degli ultimi, ha lasciato un segno profondo in chi l’ha conosciuto.

“Don Fausto è rimasto un esempio da seguire, – sostiene Adriana Lorenzi, direttrice del giornale ‘Spazio. Diario aperto dalla prigione’ – una persona da imitare per non permettere al tempo di cancellarne le tracce. Lo ricordiamo e lo nominiamo spesso nei nostri incontri di scrittura e quasi lo sentiamo tra noi, a vegliarci. Bastava tendere l’orecchio e affinare lo sguardo per afferrare un suo gesto o qualche parole e rilanciarle ad altri, continuando a fare quel bene che rende migliore ogni creatura umana”.

Commosso il ricordo della psicologa, Consuelo Busetti: “In vita portava il messaggio dei vangeli: ama il prossimo tuo come te stesso. Non credo di aver incontrato altre persone capaci come lui di farsi portatore in modo autentico di questo messaggio. E’ rimasta tra noi la sua eredità: non limitarsi a fare, ma far sì che anche l’altro faccia per gli altri”.

Anche le donne e gli uomini della Polizia penitenziaria hanno voluto ricordarlo: “Per gli anni che hai dedicato a questo istituto penitenziario, eri e rimarrai un punto di riferimento: nel quotidiano, nell’emergenza, nei momenti bui come in quelli di festa e gioia. Senza sosta al servizio dell’Amministrazione e non solo. Ogni poliziotto penitenziario di Bergamo conserva impresso nel suo cuore la tua immagine, la tua voce, il tuo sguardo e la tua presenza”.

Infine, gli stessi detenuti della Casa circondariale di Bergamo hanno voluto manifestare la loro vicinanza: “Quando l’ho incontrato qui in carcere- afferma Attilio– ero in Accoglienza e lui mi chiese se avevo bisogno di qualcosa: gli chiesi di chiamare la mia famiglia per rassicurarla. Qualche giorno mi disse di aver parlato con i miei genitori e mi parlò della possibilità di andare in Comunità da lui. Accettai immediatamente. Quando uscii lui era lì ad aspettarmi: ero felice, entusiasta e non sapevo davvero come ringraziarlo. Avevo sbagliato ma lui mi offriva la possibilità di rimediare”.

“Ricordo – dichiara Vitor – la volta in cui è venuta a trovarci l’allora vicepresidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia al termine di un percorso sulla Giustizia Riparativa organizzato dalla Caritas e che noi avevamo seguito. Era la prima volta che potevamo condividere il cibo con i nostri ospiti lungo il corridoio del carcere. Al buffet c’erano i ragazzi di don Fausto, della Comunità di Sorisole, a servire pizze, panini, crostate e fette di panettone ed erano di origine albanese come me, e io ho chiacchierato con loro nella mia lingua. Ricordo ancora l’emozione e la gratitudine perché avevi capito me e loro”.