“Denunciate per i vostri figli. Nessuno spazio al delitto d’onore”

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“Il legislatore e le istituzioni devono dare un segnale forte e netto e cioè che lo Stato si è messo in testa di difendere le donne e i soggetti deboli di questo Paese. Contro la violenza non basta più la tolleranza zero. È il momento di affrontare con attenzione e serietà il fenomeno”. Con queste parole il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede presenta, in una conferenza stampa alla Camera dei Deputati, un pacchetto di 10 emendamenti al ddl sul Codice Rosso che inaspriscono le pene contro la violenza sulle donne e sui minori. Previsto un aumento delle pene per lo stalking, la sorveglianza per i casi più pericolosi, la reclusione sino a sino a 14 anni per chi sfregia una donna e fino a 24 per chi abusa sessualmente dei minori.

“Siamo in un momento di emergenza sociale molto grave – spiega il Guardasigilli –. Basta leggere un giornale, seguire un tg o andare su internet per trovare una notizia che ci dice che una donna è stata uccisa oppure ha subito una qualche forma di violenza. Questa situazione non può più continuare. Lo Stato decide di attivarsi e andare a cercare nella società tutti i soggetti deboli: donne, bambini, persone che subiscono violenza ogni giorno e che non trovano il coraggio di denunciare”.

Secondo Bonafede “bisogna scovare tutte quelle situazioni in cui c’è una persona in difficoltà che ha bisogno dello Stato al proprio fianco. Il primo passo è stato il Codice Rosso, una norma scritta a quattro mani col ministro Bongiorno: per una donna che decide di denunciare, fatto da non considerare scontato, c’è una corsia preferenziale. Lo Stato, attraverso le forze dell’ordine e la magistratura, deve intervenire immediatamente. Senza far passare altro tempo. Al Codice Rosso si aggiungono una serie di norme che vanno ad aumentare le pene, ma bisogna essere chiari: la tutela non passa solo attraverso il diritto penale”.

Il ministro della Giustizia fa riferimento a altro tipo di segnale, da accompagnare a un inasprimento delle pene: “Serve anche un segnale culturale in termini di prevenzione – spiega Bonafede – che passi attraverso il rafforzamento dell’attività che compiono i centri antiviolenza. Allo stesso tempo, la pena non deve lasciare scampo a chi pensa che nel nostro Paese ci siano margini di giustificazione rispetto a un soggetto che, nell’ambito di una convivenza o di un contesto familiare, decide di farsi forte della propria supremazia fisica per uccidere una persona più debole”.

Sull’eventualità di un ritorno del delitto d’onore la posizione del Guardasigilli è netta: “Non commento nessuna sentenza, però la diffusione di alcune motivazioni può comportare la diffusione di un messaggio culturale pericoloso che va immediatamente smentito: non c’è spazio e non ci sarà mai spazio nella nostra società per una prospettiva di delitto d’onore. È qualcosa che appartiene al passato. Non ha più niente a che fare con la nostra cultura, non ha niente a che fare con lo Stato di diritto. Una giustificazione inaccettabile come questa non può e non deve serpeggiare nella società italiana. Questo deve essere chiaro a tutti. E a tal proposito stiamo lavorando affinché entro la prossima settimana ci possa essere una norma che possa evitare qualsiasi tipo di discrezionalità nell’applicazione e nel bilanciamento delle attenuanti rispetto alle aggravanti”.

Bonafede lancia un appello all’intero arco parlamentare, affinché i provvedimenti a tutela dei soggetti deboli vengano approvati all’unanimità: “Sarebbe bello se queste norme non avessero colore politico, auspico che il Parlamento si impegni a dare un segnale di compattezza rispetto a un’emergenza sociale che stiamo vivendo e di fronte alla quale lo Stato ha il dovere morale, etico e istituzionale di non indietreggiare”. Il ministro della Giustizia, infine, si rivolge a tutte le donne che subiscono violenza: “Denunciate. Fatelo anche se so che è difficile denunciare. Denunciate per il vostro bene e per il bene dei vostri figli”.

Presenti in conferenza stampa anche il sottosegretario alle Pari Opportunità, Vincenzo Spadafora, la vice presidente della Camera, Maria Edera Spadoni, la deputata in commissione Giustizia, Stefania Ascari, e il capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera, Francesco D’Uva. Quest’ultimo ha sottolineato la necessità degli interventi proposti, peraltro “in continuità con il contratto di governo. Faccio un appello al Parlamento perché si trovi la massima condivisione. Sarebbe importante il messaggio che nessuna forza politica fa un passo indietro quando si parla di donne e minori”.