Economia carceraria: a Verbania la Banda Biscotti, il marchio dei “buoni dentro”

Banda biscotti
FacebookTwitterWhatsAppEmailCopy Link

Si inizia nella Banda Biscotti e poi si finisce in Gatta Buia. Per entrare nella prima occorre passione per la pasticceria, competenza tecnica e determinazione nel voler cambiare vita. Se il percorso interessa, si può poi lavorare nel Ristorante Sociale Gattabuia, nel cuore di Verbania, o nel bar di quartiere Casa Ceretti. 

È il percorso-tipo offerto dalla cooperativa Il Sogno di Domodossola (VB) a detenuti in articolo 21 e soggetti in misura alternativa. Il laboratorio dolciario produce, oltre a fantasiose varianti di baci di dama, cookie e polentine – con un ritmo produttivo di 200 Kg a turno – anche pasticceria fresca e bomboniere solidali.

Baci di dama della Banda Biscotti
Baci di dama della Banda Biscotti

Nato all’interno del carcere di Verbania, il laboratorio è stato in seguito spostato nell’adiacente Scuola di Formazione della Polizia Penitenziaria, grazie a una convenzione tra le due strutture. “La scelta di collocare l’area operativa in una zona esterna al carcere ma pur sempre “penitenziaria” –spiega Alice Brignone, responsabile del laboratorio – ha consentito di continuare a far lavorare i dipendenti anche una volta terminata la pena, e di rendere più fluide le operazioni di carico e scarico merce”.

Il locale, che occupa oggi un’area di circa 300mq, si è arricchito di macchinari e attrezzature più moderni acquistati grazie al contributo della Compagnia di San Paolo, della Fondazione Comunitaria del Vco e della Cassa delle Ammende del Ministero della Giustizia.

Per quanto riguarda le assunzioni dei detenuti la prassi è ormai consolidata e trasparente: “Inviamo una richiesta di fabbisogno all’area educativa – continua la responsabile del laboratorio – che, dopo aver fatto valutazioni giuridiche e pedagogiche, ci propone dei candidati. Il nostro personale poi effettua colloqui per conoscere anche attitudini e formazione pregressa”. Segue la fase di formazione, in cui oltre alle tecniche di cucina, gli aspiranti pasticcieri devono apprendere la normativa sulla sicurezza alimentare, sulla qualità delle materie prime e degli ingredienti, tutti di origine biologica certificata o provenienti dal commercio equo e solidale. Anche la commercializzazione dei prodotti avviene attraverso botteghe, negozi e con reti di economia solidale.

“Il primo periodo della pandemia abbiamo incontrato molte difficoltà per mantenere la produzione, perché i nostri lavoranti detenuti erano trattenuti in carcere. Poi sono state concesse misure alternative che ci hanno consentito di riprendere a lavorare con il consueto ritmo. Per contrastare gli altri disagi dell’emergenza, abbiamo rafforzato le collaborazioni per la vendita con le realtà online anche di e-commerce penitenziarie.”

Oggi sono circa 12 le persone in esecuzione penale occupate nel laboratorio e nelle altre due strutture, il ristorante e il bar di quartiere.

“Cerchiamo di costruire un percorso a step in base alle potenzialità di ogni persona. – conclude Alice Brignone  – Abbiamo un dipendente che in libertà faceva il panettiere al quale abbiamo offerto l’opportunità di continuare a svolgere il suo lavoro. E abbiamo un’altra persona, straniera, che all’inizio non conosceva né la lingua né la cucina italiana ma che ha aveva una gran voglia d’imparare. Ora è secondo di cucina nel ristorante Gattabuia, step successivo a quello del laboratorio, una realtà a contatto con il pubblico in cui inseriamo persone al termine della pena, per consentire loro di costruire relazioni in un contesto lontano da quello carcerario”.