Ferie solidali: ”Fiero di appartenere alla famiglia della Penitenziaria”

Sfilata di agenti della Polizia Penitenziaria nel piazzale antistante il Quirinale
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Una risposta concreta per fronteggiare una situazione straordinaria: l’estensione al Comparto Sicurezza dell’istituto delle “ferie solidali” è stata una delle soluzioni per superare le difficoltà imposte dall’emergenza Covid negli istituti penitenziari.

La chiave di volta è costituita da una norma introdotta dal Decreto “Cura Italia” (art. 87, co. 4-bis del Decreto-Legge 17 marzo 2020, n. 18, modificato dalla legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27): la possibilità offerta anche al personale della Polizia Penitenziaria di cedere ai colleghi in difficoltà ferie e riposi maturati fino al 31 dicembre 2019 e non usufruiti per le pressanti esigenze di servizio.

“A partire dal mese di maggio 2020 è partita una gara di solidarietà – riferiscono dagli uffici amministrativi del Dipartimento – una serie di iniziative che si sono moltiplicate di settimana in settimana, fino al termine previsto dalla legge, quello del 30 settembre”.

Un caso emblematico ha riguardato un Assistente Capo, in servizio in una casa circondariale dell’Italia Settentrionale e impegnato nell’assistenza dell’unico figlio afflitto da una gravissima patologia neonatatale. Il bambino è in cura in un reparto specializzato dell’Ospedale Gaslini di Genova e la vicinanza dei genitori è imposta da uno stato di necessità praticamente continuo: “Non mi aspettavo una risposta collettiva così rilevante – le parole del papà esprimono gratitudine nei confronti dei colleghi – La disponibilità è arrivata da tutti gli istituti italiani e ho sentito di far parte di una grande famiglia, quella della Polizia Penitenziaria cui mi onoro di appartenere da 16 anni. Svolgiamo un lavoro delicato e stressante, tutti abbiamo esigenza dei riposi e dei congedi che ci siamo meritati: ma il contributo che mi è stato offerto ha finito per darmi un appagante senso di comunità”.

La mobilitazione che ha concesso all’Assistente Capo la possibilità di assistere per diversi mesi il suo bambino con una maggiore serenità, è solo il caso più eclatante di un’esperienza normativa particolarmente significativa, perché estesa durante l’emergenza pandemica a beneficio di una categoria che fa dello spirito di servizio un segno di distinzione.

Il tutto grazie a uno strumento previsto fin dal 2014 nella legislazione francese dopo che un operaio della Loira ne aveva usufruito per effetto di un accordo aziendale: la “Loi Mathys”, dal nome del bambino gravemente ammalato che il papà aveva potuto accudire nei suoi ultimi 170 giorni di vita. In Italia la norma era stata poi introdotta nel 2015 per i dipendenti del settore privato, fino all’estensione che ha visto destinatari gli appartenenti al Comparto Sicurezza.