Da ‘Le Iene’ un’immagine sbagliata
della Polizia penitenziaria

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Profondo dispiacere per la vicenda umana e per il dolore della famiglia e, nel merito, rispettoso riserbo, come si dovrebbe in questi casi, per l’operato dell’Autorità giudiziaria e la verità processuale che emergerà. Ma non posso esimermi dall’esprimere disappunto per l’immagine che è stata data dei rappresentanti della Polizia Penitenziaria e della dirigenza dell’istituto di Milano San Vittore nel servizio andato in onda ieri sera su Le Iene e dedicato al decesso di un detenuto avvenuto nel 2012.

Nelle carceri italiane ci sono quasi 37mila agenti che ogni giorno lavorano sia alla sicurezza dei cittadini, controllando che chi è condannato a scontare una pena detentiva la sconti in carcere, sia alla sicurezza dei detenuti, garantendo il rispetto della legalità all’interno degli istituti, oltre che la salvaguardia della vita e della dignità di chi vi è recluso.
Per ventiquattro ore al giorno e trecentosessanta giorni l’anno, questi uomini e donne costituiscono il primo punto di contatto e il riferimento costante di quasi 60mila detenuti, partecipando alla loro osservazione e al trattamento rieducativo e contribuendo con operatori specializzati e volontari a rendere concreto quel recupero sociale che la Costituzione impone.
Ogni giorno sono decine e decine gli eventi critici da fronteggiare, che nei casi più gravi costringono questi agenti a turni massacranti e interventi in emergenza. Nel 2018 non ce l’hanno fatta ad intervenire in tempo in 61 casi, tanti quanti sono stati i suicidi di detenuti. Ma ne hanno sventati quasi 1.200 e molti di questi proprio grazie alla prontezza, all’esperienza e alla capacità di intervento. Così come negli oltre 10mila casi di autolesionismo e negli 11mila casi di invio urgente in ospedale, molti sono i detenuti che i medici hanno potuto salvare per la tempestività del primo soccorso prestato loro dagli agenti.

Lo fanno con abnegazione e spirito di Corpo, nonostante le tante difficoltà in cui da sempre sono costretti ad operare. E nonostante qualche giornalista disattento continui a chiamarli ‘secondini’ o ‘guardie’ con una punta di ignoranza, come forse è successo ieri sera a Le Iene.