Il Laboratorio centrale del DNA intitolato a Grazia De Carli

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Il Laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA da oggi porta ufficialmente il nome di Grazia De Carli, la dirigente del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che lo ha diretto dal giugno 2016 fino al giorno della sua prematura scomparsa, avvenuta il 30 agosto 2021.

Ne aveva disposto l’intitolazione il 20 gennaio scorso un provvedimento del Capo del Dap, Giovanni Russo, intervenuto stamani alla cerimonia di scopertura della lapide nel Polo logistico di Roma Rebibbia: “E’ uno di quei momenti in cui il dolore si fonde con le istituzioni, non solo per il riconoscimento del valore umano e professionale di Grazia De Carli ma anche per il simbolo che rappresenta”.

Con oltre 67.000 profili genetici inseriti in Banca dati, che hanno prodotto oltre 2.500 match fra tracce biologiche rinvenute sulla scena del crimine e campioni salivari prelevati alla popolazione detenuta, il laboratorio deve gran parte della sua crescita al contributo innovativo della dirigente che, ricorda Russo, “chiese fosse dotato di metodi per la tipizzazione secondo i massimi standard disponibili e operò scelte di grande rigore scientifico”.

Alla cerimonia, introdotta da un commosso ricordo della Direttrice reggente Gabriella Pedote, è intervenuto il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, che ha sottolineato il ruolo non formale dell’intitolazione, “perché significa lasciare nella storia la traccia di quella persona, significa legare il suo nome, l’attività, i rapporti personali a un pezzo del pubblico. E’ un fatto non formale che umanizza il nostro ruolo e ci ricorda che siamo soprattutto valori”.

Oggi il laboratorio, collocato nel 2009 all’interno del Dipartimento per motivi principalmente organizzativi, è una struttura di eccellenza, strategica per l’Amministrazione penitenziaria e parte integrante del progetto avviato con gli stati Europei per le azioni di contrasto al terrorismo, alla criminalità transfrontaliera e all’immigrazione illegale. Vi lavorano 60 operatori, tra biologi, informatici e personale tecnico qualificato, tutti appartenenti ai ruoli tecnici della Polizia penitenziaria.

“A più di 50 anni, quando è divenuta dirigente di questa struttura, mia madre ha ripreso i libri di biologia”, ha ricordato la figlia Flaminia, intervenuta alla cerimonia insieme al fratello Flavio, al padre Antonio e alla nonna Maria Luisa. “Credo possa rappresentare davvero, nella pubblica amministrazione, chi ogni giorno si reca al lavoro perché ama e crede nel proprio compito”.