Il “Naufrago bambino ”: salvatelo, è arte

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A denuncia sociale qualcuno aveva pensato di poter rispondere con una denuncia penale, quando a maggio di quest’anno, a Venezia, su un palazzo disabitato ma vincolato – dal punto di vista storico e artistico – come gran parte di quelli presenti in laguna, è apparso un dipinto. L’opera, perché di questo si tratta, raffigura un bambino migrante con indosso un giubbotto di salvataggio e in mano una torcia dalla quale esce del fumo rosa. I suoi capelli sembrano mossi dal vento, i piedi bagnati dall’acqua. Quando la laguna il giorno dopo si è svegliata chiedendosi di chi fosse, non ha dovuto fare molte domande per saperlo, perché l’artista senza volto, lo street artist Bansky, ne ha – quasi immediatamente – rivendicato la paternità sul suo profilo Instagram.

L’edificio che affaccia su Rio Novo, a San Pantalon, proprio vicino a Campo Santa Margherita, si trova di fronte all’Arsenale, e idealmente il “bambino” sembra dialogare con la “Barca nostra”, un’opera realizzata con il relitto di una nave affondata nel canale di Sicilia dopo il terribile naufragio del 2015, durante il quale hanno perso la vita centinaia di migranti.

La Soprintendenza dei Beni culturali, di fronte a questa opera, ha dovuto – forse suo malgrado – presentare formale denuncia alla Procura di Venezia, pur dichiarando nell’esposto che si è indiscutibilmente di fronte ad un’opera d’arte e che, se il proprietario dell’edificio vorrà un giorno ripristinare l’originalità del muro, dovrà prima preoccuparsi di rimuovere il murales e adoperarsi perché venga conservato come si fa con i dipinti.

La procura ha recentemente firmato la richiesta di archiviazione, con la motivazione della sua natura artistica. E d’altronde, anche se la decisione ora passa nelle mani del giudice per le indagini preliminari, il “bambino naufrago” ha trovato il suo porto aperto e nessuno lo manderà via.