Il teatro in carcere e la Patascuola, per preparare gli insegnanti del futuro

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Si chiama Patascuola in onore della “patafisica”, la scienza delle soluzioni immaginarie inventata alla fine del XIX secolo dallo scrittore e drammaturgo francese Alfred Jarry, autore del ciclo di opere teatrali con protagonista Ubu Re. Una precisazione doverosa perché il Teatro del Pratello e gli altri laboratori appartenenti al Coordinamento teatro carcere Emilia-Romagna hanno dedicato molti spettacoli e rassegne al mondo di Ubu e del suo geniale autore, nell’ambito di un ampio progetto culturale di cui la formazione è entrata a far parte.

Paolo Billi

La Patascuola, corso biennale per operatori di teatro in carcere, nasce da una riflessione di Paolo Billi, regista di lunga e qualificata esperienza in contesti carcerari e di comunità: “Per insegnare teatro in carcere –  afferma – non basta essere attori: bisogna conoscere come funziona l’istituzione carceraria per sapersi muovere al suo interno, altrimenti il rischio è di rimanerne schiacciati”.

Billi ha avviato, in forma sperimentale, la scuola a Bologna nel 2017 con il Teatro del Pratello, cooperativa che prende il suo nome dalla dell’Istituto Penale Minorile dove opera con progetti teatrali dalla fine degli anni 90. Per il biennio 2020-2022 la Patascuola diviene un progetto regionale a cura del Coordinamento Teatro carcere Emilia-Romagna. Tre le sedi delle attività didattiche, BolognaModena e Ferrara, con incontri itineranti e tirocini degli allievi all’interno degli Istituti penitenziari della regione. Il corso è rivolto principalmente, ma non esclusivamente, a giovani attori, danzatori, registi, educatori e insegnanti.

“Non occorre necessariamente provenire dagli ambienti artistico o educativo – precisa Amaranta Capelli, vicepresidente della Cooperativa Teatro del Pratello e responsabile della segreteria organizzativa della scuola – quello che valutiamo,  per ammettere un candidato ai corsi,  sono le motivazioni. E’ importante che chi vuole frequentare la Patascuola sia interessato non a un’attività terapeutica o al teatro come strumento di riabilitazione, ma a un’attività di qualità artistica. Il nostro è un lavoro teatrale a tutti gli effetti, finalizzato pertanto a produrre opere con valore artistico”.

Il primo anno di corso (strutturato in incontri mensili durante i week end) sarà dedicato allo studio delle basi per operare in carcere attraverso il teatro: lo sguardo, l’ascolto, il silenzio perché, spiega Billi: “Nel momento in cui l’operatore entra in carcere deve avere la capacità di ascoltare, di gestire i silenzi, ma anche saperli provocare, e di saper osservare, guardare”.  Nel secondo anno si terranno invece i tirocini negli istituti penitenziari dove sono attivi i laboratori delle compagnie appartenenti al Coordinamento Teatro Carcere Emilia Romagna: Bologna, Modena, Castelfranco Emilia, Ravenna, Forlì, Parma, Ferrara, ma anche nell’Istituto Penale per i Minorenni di Bologna e i Servizi della Giustizia Minorile dell’Emilia-Romagna.

Tra i docenti figurano non solo registi del Coordinamento Teatro Carcere ma anche diversi tecnici, a loro è demandato l’approfondimento di aspetti specifici del mestiere, come il ritmo, lo spazio, l’allenamento dell’attore e la scrittura teatrale.

Rilevante la parte dedicata al contesto carcerario del programma didattico che propone, oltre al Diritto penitenziario, materie quali Psicologia dei gruppi, Vittimologia e Sociologia dei conflitti, fondamentali per comprendere e operare nella complessa realtà del carcere.