“La canzone della Nave”, un coro a distanza per ritrovare serenità

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Tutto è iniziato dall’invito, lanciato in video il 6 marzo da monsignor Mauro Delpini, arcivescovo di Milano, a suonare ogni giorno le campane per continuare a sentirsi vicini e usare bene il periodo delle restrizioni per l’epidemia.

Walter Muto, Fulvio Matone, Francesco Lorenzi e Giovanni Assandri, amici che condividono l’amore per la musica e il volontariato nel carcere di San Vittore , hanno tradotto l’idea in campane virtuali, chiamate ad abbattere con il loro suono ogni barriera imposta dal lockdown. E’ nata così la piattaforma www.suonatelecampane.it. “Si tratta – spiegano gli ideatori – di un tentativo di fare compagnia a tutti in questo momento così drammatico, attingendo a spunti di bellezza che incessantemente ci sorprendono”.

Ogni “campana” è un contributo video in cui vengono proposti canti, letture di brani di letteratura, frammenti teatrali, interviste. E, tra le varie campane, giunte ormai a 100, anche un coro a distanza degli ex detenuti del reparto per la cura delle tossicodipendenze della casa circondariale milanese.

All’interno della Sezione a Custodia Attenuata “La Nave” esiste ormai da anni una corale e diverse iniziative collaterali che in questo periodo sono sospese. Non si sono però fermati i componenti della formazione esterna del Coro, che sono coloro incaricati di dare continuità all’attività musicale per i detenuti al termine della pena e, nel contempo, di seguirli nel percorso di reinserimento.
La scelta del brano è caduta inevitabilmente su ‘La Canzone della Nave’, testo-simbolo di un’esperienza che dura ormai da oltre vent’anni.

Racconta Paolo Foschini, volontario della Sezione a Custodia Attenuata: “Dopo una visita a San Vittore dei partigiani dell’ANPI in cui il coro si esibì in ‘Bella ciao’, un giovane detenuto marocchino, Yassin, mi presentò un testo su una melodia talmente stonata da essere irriconoscibile. Finalmente riuscì a farmi capire che era il brano che avevamo cantato ai partigiani. Parla della sua storia, quella di un ragazzino su un barcone perso in un mare senza porte per uscire, che alla fine trova una nave che lo porta nel mare della libertà. L’abbiamo trovata una metafora molto bella, ci abbiamo lavorato e così è nata ‘La Canzone della Nave’”.

A interpretarla, nella campana del 1° maggio, ex detenuti e volontari, ognuno a casa propria, ognuno con la propria parte cantata su una traccia-base e tutte rimontate insieme, con pazienza e maestria, da Giovanni Assandri.

Il brano è stato cantato in più occasioni, l’ultima volta con i volontari del coro della Scala per un concerto benefico prima del Natale scorso, ma l’esibizione a distanza non è meno emozionante di quella dal vivo.

“Abbiamo bisogno di una speranza – commenta Giovanni Assandri – e in questo periodo ricantare insieme la canzone di Yassim è qualcosa che ci dona una speranza”.