La volontaria “delle parole che fanno crescere” Antonetta protagonista nel carcere di Monza

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“La parola e la poesia sono terapeutiche laddove ci sono soggetti che vivono il disagio: nelle carceri, negli ospedali, nelle case di cura”. E’ il pensiero di Antonetta Carrabs, presidente dell’Associazione culturale umanitaria Zeroconfini Onlus che, intervenendo nel servizio di Tutto il bello che c’è all’interno del Tg2 Rai andato in onda la scorsa settimana, ha dato voce ad alcuni detenuti.

Antonetta, mi può raccontare la sua esperienza di volontaria nel carcere di Monza?

Ho incontrato i detenuti della casa circondariale e lì ho conosciuto Patrice, che ora è fuori dopo aver scontato una pena di tre anni. Quando frequentava il laboratorio di narrazione, che conduco all’interno dell’Istituto, Patrice ha scritto Non è ancora notte, un libro di lettere dal carcere indirizzate a me e ha raccontato la sua esperienza durante l’evento Bookcity a Milano. Aveva toccato il fondo, la detenzione sfianca gli animi. Ora è riabilitato alla vita.

Gli incontri del laboratorio che cadenza hanno?

Ci riuniamo tutti i lunedì dalle 13 alle 16. Il gruppo inizialmente era formato da 8 scrittori ma attualmente tre sono usciti dal carcere dopo aver espiato la pena. Comunque tutti i detenuti possono inviare un testo, un disegno. Pensi che uno degli allievi ha frequentato l’Accademia di Brera. Condivido con loro una narrazione, per esempio, prendiamo un periodo da un libro scelto da noi e, partendo da questo ognuno scrive una sua storia: sono usciti dei racconti bellissimi.

Come le è venuta in mente l’idea di portare gli elaborati alla redazione de “Il Cittadino”?

Loro stessi hanno espresso il desiderio di scrivere degli articoli. Tra loro ci sono persone colte, ho notato che scrivevano benissimo e ho deciso di bussare alle porte della testata. Le loro opere vengono ospitate in un inserto periodico dal titolo Oltre i Confini- Beyond borders.

Ai detenuti scrittori verrà rilasciato un attestato alla fine di questo percorso?

Purtroppo no ma il loro obiettivo, come mi dicono spesso, è di far conoscere al mondo fuori la loro opera e, attraverso questa, umanizzare il carcere. Vogliono far capire alla società che anche se hanno sbagliato stanno scontando la loro pena e cercando di riabilitarsi. Vogliono dare dignità alla detenzione, non abbrutirsi in carcere.

Quando uscirà Il prossimo numero de “Il Cittadino” con i vostri contributi?

Non prima di novembre. La sua intervista è arrivata come fosse una “cucchiaiata di sole”. Quando la scorsa settimana dopo il servizio del Tg2 i detenuti hanno visto la notizia pubblicata sul sito della Giustizia, sono stati felicissimi perché qualcuno – queste sono le loro parole – “li sta ascoltando dall’alto” e hanno espresso il desiderio di incontrare il ministro: a loro piace molto.

Cosa pensa dell’entusiasmo che vede nei detenuti?

Mi fa piacere perché, con il vostro interesse, state facendo conoscere la loro realtà ad una società che troppo spesso alza un muro per non vederli.