Lavori di pubblica utilita: rinnovato accordo Giustizia-Enpa

convenzione ministero-legambiente
FacebookTwitterWhatsAppEmailCopy Link

Il ministero della Giustizia e l’ENPA – Ente nazionale protezione animali hanno rinnovato la convenzione nazionale per lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità ai fini della messa alla prova per adulti. Ed è proprio la proficua collaborazione sviluppatasi durante il primo quinquennio che ha persuaso i firmatari a proseguire le attività: sono stati infatti 839 gli imputati inseriti nelle 45 sedi territoriali dell’ENPA, grazie all’accordo stipulato per la prima volta nel 2017.  Tale collaborazione proseguirà, pertanto, almeno per i prossimi cinque anni, con la previsione del rinnovo tacito alla naturale scadenza.

Firmata dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e dalla Presidente dell’Ente Nazionale Protezione Animali, Carla Rocchi, la Convenzione nazionale prevede che almeno trecentoventotto imputati, ammessi all’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova per adulti, possano svolgere contestualmente il lavoro di pubblica utilità presso le attuali quarantotto sedi locali dell’ENPA, dislocate uniformemente su tutto il territorio nazionale.

La prestazione di lavoro potrà riguardare la tutela del patrimonio ambientale nel suo complesso, la prevenzione degli incendi, la protezione della fauna, comprese le attività connesse al randagismo degli animali; la manutenzione e la fruizione di immobili e servizi pubblici, beni del demanio e del patrimonio pubblico. Non è prevista retribuzione e le attività, la cui durata non sarà inferiore a dieci giorni anche non continuativi, vengono individuate tenendo conto anche delle specifiche professionalità e attitudini lavorative dell’imputato, .

L’ammissione alla messa alla prova è prevista per gli imputati di reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni o, in alcuni specifici casi, fino a sei anni, e comporta “la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato”.