Le fatiche del Paratriathlon: Achenza di bronzo all’Idroscalo

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Parte dall’Idroscalo di Milano l’operazione Tokyo 2020, in un luminoso sabato di aprile: il circuito di Segrate entra per la prima volta nel calendario delle World Paratriathlon Series e apre il programma della Coppa del Mondo, che dal 29 giugno darà vita al ranking olimpico. E, anche se mancano ancora due mesi all’effettivo inizio delle qualificazioni, i piazzamenti della fiamma azzurra Giovanni Achenza – bronzo nella categoria in carrozzina – e di Anna Barbaro, quarta al debutto in coppia con la biolimpica della Polizia Penitenziaria Charlotte Bonin come guida tra i “visually impaired” (non vedenti e ipovedenti) hanno acceso di entusiasmo la nostra pattuglia paralimpica.

Anna Barbaro e Charlotte Bonin, Paratriathlon di Milano Foto FITRI (Federazione Italiana Triathlon)
Anna Barbaro e Charlotte Bonin, Paratriathlon di Milano 2019 Foto FITRI (Federazione Italiana Triathlon)

Se il triathlon è una specialità durissima in assoluto, per chi deve combattere ogni giorno con una disabilità fisica si tratta di una vera sfida: si passa dal nuoto alla frazione in bici e poi alla corsa a piedi, senza un attimo di respiro. Discipline diverse tra loro, che mettono alla prova tutti i muscoli del corpo, dalla testa ai piedi: e la resistenza alla fatica, talvolta alla sofferenza vera e propria, è una cosa con la quale i triatleti devono venire a patti ogni volta.

Nel Paratriathlon c’è un’ulteriore particolarità, quella di vedere in gara nella stessa competizione atleti di diverse categorie paralimpiche: ad esempio il nostro Achenza gareggia tra gli handbike “H1”, ma i due olandesi che a Milano gli sono arrivati davanti – Jetze Plat e Geert Schipper – appartengono alla categoria “H2” e partono circa tre minuti dopo gli “H1”, con la tipica formula “scratch/handicap” di stampo anglosassone. Allo stesso modo Anna Barbaro e la “guida” delle Fiamme Azzurre Charlotte Bonin gareggiano tra i “non vedenti” (B1), ma i primi due classificati della gara dell’Idroscalo – la britannica Alison Peasgood e la spagnola Susana Rodriguez – militano tra i “B2” (ipovedenti) e partono circa quattro minuti dopo gli altri. La classifica finale tiene così conto dei tempi “compensati”: ma il valore delle prestazioni sotto sforzo è quasi incalcolabile, allo stesso modo. Fatto sta che il sassarese Achenza, 48 anni, da 15 deve convivere con una grave forma di paraplegia dovuta a un incidente sul lavoro: e nella gara milanese è stato capace di lasciare indietro il fortissimo britannico Joseph Townsend che ancora lo precede nel ranking mondiale. Invece la nostra “Charli” Bonin, valdostana con due partecipazioni olimpiche (Pechino 2008 e Rio 2016), da un paio di mesi si allena con la calabrese Anna Barbaro, 34 anni, che a 25 ha perso la vista per un virus sconosciuto che le ha leso il nervo ottico: e in questa prima uscita ufficiale ha stabilito il miglior “crono” della sua ancor giovane carriera come atleta paralimpica.

Ed ecco, dalla voce degli atleti, le prime impressioni del dopo-gara:

Giovanni Achenza: “Abbiamo trascorso la vigilia in piena serenità, eravamo in casa stavolta, la location era già testata. Brividi della partenza? Quelli dell’acqua fredda dell’Idroscalo. Scherzi a parte, la tensione per la gara si percepiva, sapevo di poter lottare per il podio, ma le gare sono sempre imprevedibili. I due olandesi sono stati incontenibili anche oggi, complimenti a loro, ma che bello salire sul podio in una gara in casa così importante! È stata una giornata davvero emozionante culminata con la splendida medaglia in World Paratriathlon Series in Italia, davanti alla mia famiglia che mi ha spinto per tutta la gara: non dico che sia pari alla gioia di Rio 2016, ma sono davvero contento per questo risultato”.

Charlotte Bonin: “Abbiamo rotto il ghiaccio nelle World Series, quindi nel circuito mondiale più alto: l’atmosfera e il tifo di casa ci hanno spinte! Il 4° posto è un ottimo risultato vista la concorrenza… abbiamo nuotato davanti, in bici ci hanno recuperato all’ultimo giro di boa solo le francesi e poi di corsa, che per ora è un po’ il tallone d’Achille di Anna, abbiamo cercato di resistere.  Per me è stata una grande emozione, un po’ di tensione c’era, ma quando si parte si azzera tutto e sono riuscita a dare il meglio che potevo. Con questo piazzamento abbiamo capito che possiamo fare bene e dire la nostra e perciò siamo determinate a lavorare ancora più sodo e a curare tutti i dettagli!”.

Anna Barbaro: “Ho vissuto bene questa importante gara, anche se sin da quando mi sono tuffata ho capito che sarebbe stata un battaglia. Pensavo di riuscire a recuperare nella corsa, so di avere ancora un gap nei confronti delle avversarie, un ottimo spunto per continuare a lavorare su questo aspetto. Molto contenta invece dei cambi e della frazione di ciclismo. È la prima gara dell’anno, un test importantissimo e di alto livello, con il pubblico amico pronto a sostenerti: è bellissimo sentire il tifo per l’Italia così caldo”.

Foto FITRI (Federazione Italiana Triathlon)