“Rebibbia Lockdown”: via alle riprese del docu-film di Fabio Cavalli
16 Ottobre 2020È stato dato questa mattina, nel carcere romano di Rebibbia Nuovo Complesso, il primo ciak al film documentario Rebibbia Lockdown del regista Fabio Cavalli. Il lungometraggio narra le paure e le inquietudini portate dalla pandemia da Covid-19 all’interno dell’universo penitenziario e l’impatto sulle persone detenute e sul personale di Polizia Penitenziaria. La pellicola nasce da un progetto sulla legalità promosso dalla Vice Presidente della Luiss Guido Carli ed ex Guardasigilli Paola Severino ed è prodotta da Clipper Media con Rai Cinema e in collaborazione con Ateneo Luiss e Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
E proprio il Capo del DAP, Bernardo Petralia, e la professoressa Severino sono stati i protagonisti delle prime riprese del film: prima l’incontro, poi il percorso verso il reparto G12, l’ingresso nel reparto detentivo con il saluto agli agenti, l’incontro con i detenuti nell’aula universitaria, in sala pittura, in biblioteca e in sala telelavoro, e per finire la visita al reparto e nelle camere di alcuni detenuti attori del docu-film. Con loro, il Provveditore dell’Amministrazione penitenziaria per il Lazio l’Abruzzo e il Molise, Carmelo Cantone, e la Direttrice dell’istituto romano, Rosella Santoro.
“Se il destino si presentasse a me nella forma di un virus sconosciuto, sarei ancora in tempo a chiudere il cerchio della mia vita?”. È la domanda con la quale l’autore e regista Fabio Cavalli ci spiega il senso di Rebibbia Lockdown. Dopo i riconoscimenti internazionali come autore di Cesare deve morire, diretto dai fratelli Taviani, e il successo dell’ultimo docu-film Viaggio in Italia – La Corte Costituzionale nelle carceri, Cavalli rinnova con questo film il suo impegno con il mondo penitenziario con il quale collabora dal 2003.
Con il virus abbiamo dovuto fare i conti tutti, in Italia e nel mondo. A maggior ragione le venti persone detenute protagoniste del film, insieme ai quattro giovani laureati della Luiss che nella vita reale sono i tutor della loro formazione universitaria: tutti sottoposti alla chiusura imposta dal virus e tutti impegnati a riflettere sui temi fondamentali dell’esistenza, raccontati in forma di diario epistolare durante i mesi del lockdown e, in piccola parte, con i tratti del graphic novel grazie ai disegni di un detenuto artista.
I detenuti coinvolti sono gli attori della Compagnia del Teatro Libero di Rebibbia, già vincitori dell’Orso d’Oro a Berlino nel 2012 per l’opera dei Taviani e nel 2016 meritevoli della Menzione speciale da parte della giuria della Mostra del Cinema di Venezia e, infine, protagonisti in prima serata su RaiUno del Viaggio in Italia.
Nella vicenda è centrale il ruolo del personale di Polizia Penitenziaria e dell’Amministrazione. Una decina saranno gli agenti chiamati ad interpretare se stessi nel ricordo dei momenti più difficili: dal quotidiano saluto nel lasciare la famiglia per raggiungere il luogo del loro difficile lavoro, fra mille incognite e paure, fino alle difficoltà pratiche legate alla necessità di stendere e far passare i cavi in fibra che sarebbero serviti ad assicurare ai detenuti la possibilità di continuare a incontrare, seppur in video, i loro familiari dopo la chiusura dei colloqui in presenza.
Le riprese all’interno dell’istituto impegneranno per una decina di giorni lavorativi una troupe Rai molto snella di operatori, fonici e assistenti tecnici, che quotidianamente saranno sottoposti ai dovuti controlli precauzionali di carattere sanitario.
Foto di Doriano Ciardo