“Rebibbia Lockdown”: via alle riprese del docu-film di Fabio Cavalli

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È stato dato questa mattina, nel carcere romano di Rebibbia Nuovo Complesso, il primo ciak al film documentario Rebibbia Lockdown del regista Fabio Cavalli. Il lungometraggio narra le paure e le inquietudini portate dalla pandemia da Covid-19 all’interno dell’universo penitenziario e l’impatto sulle persone detenute e sul personale di Polizia Penitenziaria. La pellicola nasce da un progetto sulla legalità promosso dalla Vice Presidente della Luiss Guido Carli ed ex Guardasigilli Paola Severino ed è prodotta da Clipper Media con Rai Cinema e in collaborazione con Ateneo Luiss e Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

Paola Severino e Bernardo Petralia

E proprio il Capo del DAP, Bernardo Petralia, e la professoressa Severino sono stati i protagonisti delle prime riprese del film: prima l’incontro, poi il percorso verso il reparto G12, l’ingresso nel reparto detentivo con il saluto agli agenti, l’incontro con i detenuti nell’aula universitaria, in sala pittura, in biblioteca e in sala telelavoro, e per finire la visita al reparto e nelle camere di alcuni detenuti attori del docu-film. Con loro, il Provveditore dell’Amministrazione penitenziaria per il Lazio l’Abruzzo e il Molise, Carmelo Cantone, e la Direttrice dell’istituto romano, Rosella Santoro.

Carmelo Cantone e Rosella Santoro

“Se il destino si presentasse a me nella forma di un virus sconosciuto, sarei ancora in tempo a chiudere il cerchio della mia vita?”. È la domanda con la quale l’autore e regista Fabio Cavalli ci spiega il senso di Rebibbia Lockdown. Dopo i riconoscimenti internazionali come autore di Cesare deve morire, diretto dai fratelli Taviani, e il successo dell’ultimo docu-film Viaggio in Italia – La Corte Costituzionale nelle carceri, Cavalli rinnova con questo film il suo impegno con il mondo penitenziario con il quale collabora dal 2003.

Con il virus abbiamo dovuto fare i conti tutti, in Italia e nel mondo. A maggior ragione le venti persone detenute protagoniste del film, insieme ai quattro giovani laureati della Luiss che nella vita reale sono i tutor della loro formazione universitaria: tutti sottoposti alla chiusura imposta dal virus e tutti impegnati a riflettere sui temi fondamentali dell’esistenza, raccontati in forma di diario epistolare durante i mesi del lockdown e, in piccola parte, con i tratti del graphic novel grazie ai disegni di un detenuto artista.

I detenuti coinvolti sono gli attori della Compagnia del Teatro Libero di Rebibbia, già vincitori dell’Orso d’Oro a Berlino nel 2012 per l’opera dei Taviani e nel 2016 meritevoli della Menzione speciale da parte della giuria della Mostra del Cinema di Venezia e, infine, protagonisti in prima serata su RaiUno del Viaggio in Italia.

Nella vicenda è centrale il ruolo del personale di Polizia Penitenziaria e dell’Amministrazione. Una decina saranno gli agenti chiamati ad interpretare se stessi nel ricordo dei momenti più difficili: dal quotidiano saluto nel lasciare la famiglia per raggiungere il luogo del loro difficile lavoro, fra mille incognite e paure, fino alle difficoltà pratiche legate alla necessità di stendere e far passare i cavi in fibra che sarebbero serviti ad assicurare ai detenuti la possibilità di continuare a incontrare, seppur in video, i loro familiari dopo la chiusura dei colloqui in presenza.

Le riprese all’interno dell’istituto impegneranno per una decina di giorni lavorativi una troupe Rai molto snella di operatori, fonici e assistenti tecnici, che quotidianamente saranno sottoposti ai dovuti controlli precauzionali di carattere sanitario.

 

Foto di Doriano Ciardo