Lecce e Sulmona: detenuti
producono arredi penitenziari

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Detenuti al lavoro, per rinnovare gli arredi degli istituti penitenziari italiani. 185 persone – 110 detenute nella casa circondariale di Lecce e 75 nella casa di reclusione di Sulmona – inizieranno a produrre armadi, letti, tavoli, sedie e sgabelli in legno, diretti a tutti i 190 istituti sul territorio nazionale.
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È il Progetto M.I.L.I.A.Modelli sperimentali di intervento per il lavoro e l’inclusione attiva delle persone in esecuzione penale, finanziato tramite il Pon Inclusione 2014-2020 e finalizzato al recupero e al rafforzamento delle competenze delle persone recluse e all’acquisizione di professionalità richieste dal mercato del lavoro.
La produzione inizierà a gennaio 2023, dopo una prima fase che ha riguardato l’adeguamento degli impianti e delle falegnamerie e la formazione professionale dei detenuti coinvolti. A Lecce, i primi 45 – selezionati fra quelli con fine pena inferiore ai 5 anni – dopo colloqui con gli operatori del locale Centro per l’impiego, stanno svolgendo attività formativa teorica, alla quale seguirà quella pratica all’interno della falegnameria. A Sulmona, invece, i cinque corsi formativi, ciascuno per 16 detenuti, sono alle battute finali: a dicembre prossimo si svolgeranno gli esami per il conseguimento degli attestati di qualifica ai quali seguiranno le attività di tirocinio.
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Il progetto è stato illustrato oggi nella casa circondariale di Lecce, dove si è riunito il Comitato di pilotaggio per fare il punto sullo stato di avanzamento del programma.
Insieme ai rappresentanti dell’Autorità di gestione del Pon Inclusione e delle Regioni Puglia, Abruzzo, Sardegna e Toscana, sono intervenuti il Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Carlo Renoldi, il Direttore generale per il Coordinamento delle politiche di coesione del ministero della Giustizia, Davide Galli, la responsabile dell’Organismo intermedio, Paola Giannarelli, il Provveditore regionale per la Puglia e la Basilicata, Giuseppe Martone e la Direttrice dell’istituto penitenziario, Mariateresa Susca.
“Obiettivo di questo progetto è quello di definire un modello che noi contiamo di portare anche in altre realtà”, ha detto Renoldi, precisando che si tratta di una iniziativa estremamente importante “perché consente di realizzare una attività di rete insieme alle Regioni, al mondo delle università, a quegli enti che hanno una competenza specifica sul versante della formazione professionale e su quello dell’inclusione sociale. Un’attività – ha sottolineato – che dovrà essere consolidata nel tempo, a prescindere dai finanziamenti già accordati nel Pon Inclusione 2014-2020 che, comunque, dovrebbero essere confermati nel prossimo Pon 2021-2027. Finanziamenti – conclude il Capo del Dap – che dovremo cercare di dirottare verso progetti che, come questo, hanno grande valore dal punto di vista del sociale e per la nostra Amministrazione”.
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Dal punto di vista squisitamente aziendale, ha fatto notare Davide Galli, intervenendo in collegamento, “questo progetto soddisfa due tipi di bisogni: realizza beni che servono all’Amministrazione e al tempo stesso crea lavoro e permette ai detenuti di impiegare utilmente il tempo. Per questo motivo ciò che si produce e che avviene nelle aziende che operano in carcere ha un valore ben maggiore rispetto a quanto avviene avviene nelle aziende fuori”.
Introducendo i lavori del Comitato, Paola Giannarelli ha sottolineato l’orgoglio e la soddisfazione di tutte le parti coinvolte per aver “realizzato un modello innovativo di organizzazione finalizzato ad avviare un’azienda produttiva carceraria. Azienda – ha proseguito – che ha un’efficace sostenibilità economica e che si occupa di tutte le fasi del ciclo produttivo: non solo della produzione in senso stretto, ma anche della progettazione e del collaudo degli arredi, del design e della ergonomicità, così come della commercializzazione e del marketing”.
A partire dal nuovo anno, nelle due falegnamerie di Lecce e Sulmona saranno prodotti letti, armadi modulari, sgabelli, sedie, tavoli e mensole, tutti rigorosamente con materiali ignifughi, che verranno lavorati grazie a due grandi presse e a un pantografo computerizzato, già presenti nei locali della falegnameria.
Il design degli arredi, hanno spiegato i tecnici di ARTI coinvolti nel progetto, è stato pensato per essere più “amichevole” e semplice. La progettazione e la prototipazione è stata fatta su modelli modulari, realizzati nel rispetto delle normative vigenti sulla sicurezza. La modularità della produzione è un altro fattore importante perché – come è stato illustrato – consentirà alle persone detenute di acquisire e sviluppare competenze specialistiche spendibili sul mercato del lavoro e valide anche in altri settori di manifatture del legno.

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