L’eredità di Falcone e Borsellino: mostra e convegno al Dap
15 Dicembre 2022
Le indagini e i processi alla mafia, l’impegno civico risvegliato nell’opinione pubblica nazionale; ma anche immagini private dell’infanzia e della vita fra le strade di Palermo: nati nello stesso quartiere a distanza di pochi mesi e a distanza di 57 giorni uccisi dalla mafia. Lo racconta la mostra fotografica “L’eredità di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino”, realizzata dall’agenzia di stampa Ansa in collaborazione con i ministeri dell’Istruzione e dell’Università: 14 pannelli allestiti presso la Scuola di formazione e aggiornamento dell’Amministrazione Penitenziaria ‘Giovanni Falcone’ di Roma.
Immagini che si compongono di scatti provenienti dal vastissimo archivio dell’Ansa e foto private concesse dalle famiglie Falcone e Borsellino, e che hanno offerto lo spunto per una riflessione dedicata all’eredità dei due magistrati, simbolo della lotta alle mafie, simbolo di un impegno che non può e non deve venire meno e del sacrificio di tutti i servitori dello Stato, caduti nell’esercizio del loro dovere.
Il convegno, organizzato dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria insieme all’Ansa e alla sezione romana dell’Associazione nazionale magistrati, e moderato dal direttore dell’agenzia di stampa Luigi Contu, ha visto gli interventi del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, del capo del Dap, Carlo Renoldi, del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo, del presidente e del segretario della sezione di Roma dell’Anm, Luigi Guariniello ed Emanuela Attura, e del dirigente Ansa Francesco Nuccio, curatore dei testi della mostra. Di fronte a loro, nell’aula magna della Scuola, silenziosi e attentissimi, numerosi studenti liceali e alunni delle elementari di due istituti scolastici romani.
“Il tributo che noi oggi rechiamo a questi due colleghi è allargato a tutti gli altri servitori dello Stato, o servitori della società civile, che hanno dato la vita durante questi anni” – ha detto il Guardasigilli Nordio. Che ha inoltre ricordato: “Il maggior tributo doloroso è stato dato proprio dal ministero della Giustizia, dall’Amministrazione penitenziaria e dalla Polizia penitenziaria. Il simbolo che Falcone e Borsellino rappresentano è dunque una sorta di riassunto di tutte queste persone, compresi ovviamente i giornalisti, gli avvocati, gli imprenditori, i poliziotti”. Chiosando, alla fine: “Chiunque operi in qualsiasi ruolo nei confronti della mafia, in specie, e della illegalità, in genere, è un loro fratello”.
“Le immagini dell’Ansa – ha sottolineato Renoldi – ce li mostrano come persone, prima che eroi. Forse anche per ricordare a ciascuno che è possibile anche per noi essere un po’ eroi ogni giorno: con un atteggiamento di attenzione alle regole, di adesione ai valori della nostra Costituzione e di fedeltà alle istituzioni che serviamo”. Gli ha fatto eco il procuratore Melillo: “Eroi non perché sono morti. Eroi perché hanno vissuto consapevoli del loro destino. Non capita spesso agli eroi di diventare dei miti fondativi del loro Paese e della Repubblica”.
Al termine del convegno, autorità e ospiti hanno visitato la mostra: un racconto per immagini e testi, completato anche da un volume e da un documentario, concepito dall’Ansa dieci anni fa per raccogliere e documentare momenti entrati nella storia del nostro Paese, ma anche per mostrare un profilo più intimo, personale, dei due magistrati divenuti un’icona mondiale della lotta alle mafie. La mostra, rinnovata e aggiornata in occasione delle celebrazioni del Trentennale delle stragi di Capaci e Via D’Amelio, nel corso degli anni ha viaggiato in luoghi dal valore fortemente simbolico, anche all’estero, e in tantissimi istituti scolastici, dove è stata visitata con grande interesse da migliaia di studenti di tutte le regioni italiane.