No all’estradizione in Serbia
del tifoso albanese

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Non verrà estradato in Serbia Ismail Morinaj, il cittadino albanese, accusato dal Tribunale superiore di Belgrado del reato di incitamento all’odio ed all’intolleranza nazionale, razziale e religiosa. Lo ha deciso la terza sezione penale della Corte d’Appello di Bari lo scorso 12 luglio. Una vicenda in cui calcoli politici e antiche tensioni etniche si sono intersecate dando luogo ad un caso delicato per i suoi risvolti internazionali e diplomatici, oltreché processuali.

I fatti contestati risalgono all’ottobre del 2014 quando durante la partita di qualificazione all’Europeo del 2016 tra la nazionale serba e quella albanese, Morinaj, sposato con una cittadina italiana di professione avvocato, padre di tre figli e titolare di una regolare carta di soggiorno, pilotò un drone che attraversò il terreno di gioco facendo sventolare la bandiera della “Grande Albania” (l’attuale territorio albanese più il Kosovo e altre aree oggetto di contesa). In seguito all’episodio, la partita venne sospesa per i disordini sugli spalti e la rissa scoppiata in campo tra i giocatori.  I già tesi rapporti diplomatici tra Serbia e Albania per le rivendicazioni territoriali delle rispettive fazioni nazionaliste, subirono un ulteriore avvitamento.

In seguito al gesto compiuto nello stadio di Belgrado, Morinaj, venne fermato e trattenuto in stato di detenzione in Croazia su mandato di cattura emesso dall’autorità serba. Dopo dieci mesi di carcere le autorità croate, però, respinsero la richiesta di estradizione avanzata dalla Serbia e lo riconsegnarono all’Italia dove il cittadino albanese risiedeva stabilmente a partire dal 2006.

Morinaj nella sua strategia difensiva ha sempre rigettato l’interpretazione, sostenuta dalle autorità giudiziarie serbe, del gesto a sfondo politico affermando, invece, che si sarebbe trattato di un semplice atto goliardico, una bravata da parte di un ultrà a sostegno della propria squadra nazionale.

Motivando la sentenza di rigetto della richiesta estradizionale, i giudici del capoluogo pugliese hanno argomentato che, indipendentemente dalle motivazioni del gesto e dalle giustificazioni addotte dal 35enne albanese, il delitto contestato “possa e debba qualificarsi come un reato politico”, così come sempre sostenuto anche dal governo albanese. Nelle motivazioni della pronuncia, i giudici della Corte d’Appello hanno anche sottolineato i rischi cui sarebbe stato esposto Morinaj nel caso di avvenuta estradizione in Serbia, alla luce delle numerose e gravi minacce di morte ricevute, sia direttamente che per mezzo web. Inoltre, in ragione della sua nazionalità e delle sue opinioni politiche, “è ragionevole temere – si legge tra le pagine della decisione – che il cittadino albanese possa essere sottoposto ad atti discriminatori e a trattamenti degradanti a causa  dell’impossibilità, visto il clima politico, di garantirgli la celebrazione di un equo processo”. Tra le ragioni per cui si è scelto di non accogliere la domanda di estradizione viene, infine, citata la ormai consolidata integrazione di Morinaj nel tessuto sociale italiano, essendo padre di tre figli minorenni italiani e avendo già avviato l’iter per l’ottenimento della cittadinanza. La decisione della Corte d’Appello di Bari è stata accolta con sollievo e soddisfazione dal Governo albanese. Per il console generale della Repubblica d’Albania a Bari, Adrian Haskaj, questa scelta contribuirà ad “allontanare l’idea dell’odio etnico tra i due Paesi.”