Piediluco/3 Dalla noia all’entusiasmo: cronaca di un giorno fuori

FacebookTwitterWhatsAppEmailCopy Link

“Ti piace questo incontro che stiamo per fare a Piediluco con la Federazione Italiana Canottaggio?”. Confesso che la domanda che rivolgo alla ragazza seduta accanto a me, ventidue anni, condannata a nove anni per furti e rapine, quattro dei quali già scontati, è assolutamente oziosa. Danica alza le spalle  e mi risponde in modo secco e annoiato, con un chiaro accento dell’Est: “Meglio che stare in Istituto…”.

E’ stata sistemata accanto a me, sui sedili davanti del pullman, perché il viaggio le stava facendo venire la nausea. Mi chiede se sono il nuovo assistente sociale. Sono un magistrato rispondo. Risveglio il suo interesse. Subito mi domanda se conosco il giudice che segue la sua situazione così che possa intercedere per lei per farla uscire prima. Le chiedo dei numerosissimi tagli sulle braccia. Mi racconta che è nata in Italia da genitori stranieri, che è un’ottima cuoca, che non ha amici, e che in carcere “appena volti le spalle ti si… ”.

“Non hai un fidanzato?”. “Sì il mio ragazzo è a Rebibbia, con i grandi. Se non si comporta bene lo picchio”. Ad un tratto  guarda dietro di me,  il suo viso si illumina e assume una espressione dolce. “Io mi faccio il bagno vestita” dice sorridendo. Mi volto e sotto di noi si apre il lago di Piediluco. Il lago prende il nome dall’omonimo borgo di cinquecento abitanti frazione di Terni, ed è un piccolo specchio d’acqua dal quale vien giù una delle cascate delle Marmore, le più alte d’Europa. Il lago di Piediluco da anni è il centro estivo della Federazione italiana Canottaggio per la preparazione olimpica  e paraolimpica. D’inverno l’intera struttura  si sposta  a Sabaudia in provincia di Latina.

Scendiamo finalmente dal pullman. Danica raggiunge le altre cinque ragazze ristrette che si stanno sgranchendo le gambe  accanto ai sette coetanei maschi. Il viso corrucciato del viaggio ha lasciato il posto ad un sorriso dispettoso: “Se ti avvicini troppo al pontile ti spingo in acqua”. Sorrido anche io e mi preparo a incontrare un mito vivente: Giuseppe Abbagnale.

Come dimenticare il vocione del telecronista Rai, Giampiero Galeazzi, che alle Olimpiadi di Seul del 1988, urla ai limiti degli umani decibel: “Attenzione alla Germania dell’Est che sta attaccando in questo momento… un finale incredibile… reagisce comunque Giuseppe che regge magnificamente… rinviene la Germania, ma la prua è italiana… andiamo a vincere, andiamo a vincere!”. Il mito è umile e “alla mano”. Insieme al suo staff  accoglie i ragazzi, la polizia penitenziaria, gli assistenti sociali e tutti noi rappresentanti delle istituzioni.

Danica appare meno annoiata. Incontriamo atleti del calibro di Michelangelo Crispi, tre volte campione del mondo, che ci spiega le specialità del canottaggio. Siamo soprattutto noi grandi a fare le domande, ma qualche ragazzo inizia a farsi sentire. Ci trasferiamo poi nella sala comune della struttura. I ragazzi sono tra le prime file. Il direttore tecnico della nazionale,  Franco Cattaneo, uno che ha fatto vincere ai suoi atleti medaglie olimpiche e campionati del mondo dal 1996 ad oggi, saluta uno a uno tutti i ragazzi e le ragazze detenuti.

Vengono letti i discorsi, intervengono Giuseppe Abbagnale e i tecnici della federazione. Tutti quanti sottolineano l’importanza dello sport, di fare squadra, di credere e appassionarsi a qualcosa di bello. Poi entrano gli atleti e le atlete. Non sono in grado di descrivervi lo shock emotivo soprattutto delle signore presenti, alla vista di questi dei greci scesi in terra a far sentire noi “sovrappeso” degli indesiderati.

Gli atleti, di età di poco superiore agli ospiti d’onore,  venivano per lo più  da realtà disagiate delle loro città e dunque sapevano toccare le corde giuste per farsi ascoltare: amicizia, riscatto, fiducia, scelte positive. “Non mollate mai e credete sempre in voi stessi” ha chiosato un atleta dei Quartieri Spagnoli di Napoli.

Danica è irrequieta, complice la giornata di sole e il lago lì fuori.

Ci trasferiamo tutti in palestra. E’ l’ora delle gare. I ragazzi, ognuno seduto sul proprio simulatore di imbarcazione sono coinvolti in un torneo. Fanno mille domande allo staff tecnico e si incoraggiano a vicenda. Non vi dirò chi ha vinto, perché hanno vinto tutti per coraggio, equilibrio, ed entusiasmo. Sì , compresa Danica, che prima di iniziare la gara, improvvisava un balletto propiziatorio. L’entusiasmo è per tutti alle stelle. E chi se ne importa se il pranzo all’aperto è stato interrotto dal diluvio improvviso che si è abbattuto sul centro sportivo.

Saliamo sul pullman di ritorno. Danica, ridendo,  scompare dietro con le altre ragazze.

Giuseppe Abbagnale mi stringe la mano  e mi sussurra: “Anche tu saresti stato un buon canottiere se solo avessi cominciato cento chili fa”.

Giacomo Ebner è magistrato addetto al Dipartimento di giustizia minorile e di comunità

Foto tratte da www.canottaggio.org