“Ogni luogo è giusto per dire basta alla violenza sulle donne”

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Foto è di Arianna De Angelis Marocco
Foto di Arianna De Angelis Marocco

Per  partecipare alla Sesta Giornata Nazionale Teatro in Carcere, l’ AlphaZTL – Compagnia d’Arte Dinamica di Brindisi, ha scelto un tema che purtroppo non accenna a perdere di attualità, quello della violenza sulle donne.
Viola(ta)è il titolo della performance di danza contemporanea “per la donna e rivolta principalmente agli uomini” che domani andrà in scena per un pubblico tutto maschile, i detenuti della casa circondariale di Brindisi.
“Un tema – dice Vito Alfarano, regista e coreografo –  oggi al centro delle cronache e dei dibattiti, ma che in realtà è esistito sempre, un argomento di cui non dobbiamo smettere di parlare con tutti, in tutte le lingue e in tutti i luoghi perché ogni luogo è quello giusto per  dire basta alla violenza sulle donne. Abbiamo rappresentato questo spettacolo nelle scuole, nelle piazze, in androni di palazzi storici, a scena nuda o nelle scene reali di appartamenti perché è all’interno delle case che si consumano  i principali fatti di violenza”.

E, tra questi luoghi,  c’è anche il carcere, palcoscenico già frequentato da Alfarano, danzatore e coreografo noto alla scena internazionale (vincitore, tra l’altro, del Granprix alla IV International Sergei Diaghilev competition of coreografic Art) che dal 2008 ha esteso i propri interessi artistici e professionali a temi legati a problematiche sociali e ad aree come la detenzione, la disabilità, l’immigrazione.
Numerosi gli spettacoli realizzati con i detenuti di Rovigo e Brindisi,  città quest’ultima dove nel 2015 ha creato l’AlphaZTL, nome composto dall’alpha privativa greca e dalla sigla che individua le  zone chiuse al traffico, per evocare i luoghi remoti, nascosti o ritenuti inaccessibili che la Compagnia vuole invece scoprire e raggiungere “per dare voce- aggiunge Alfarano -a quelle realtà oppresse da pregiudizi, facendo arrivare l’eco quanto più lontano possibile attraverso le attività che la compagnia svolge”.

Nei  video tratti dagli spettacoli si vedono  uomini dai fisici non proprio atletici rivelare insospettabile armonia e agilità nei movimenti  (“perché lavoriamo sulle qualità e sulle particolarità, su difetti che la danza rende pregi”), altri ballare il tango insieme ai compagni. Inevitabile chiedersi se, in un ambiente machista come il carcere,  da parte dei detenuti non ci sia stata qualche resistenza a mettersi in gioco in vesti così  poco” muscolari”.
“Certo, all’inizio in molti le hanno avute, alcuni chiedevano addirittura di non farsi riprendere nei video, ma uno degli obiettivi  è proprio quello di  vincere i pregiudizi  che associano danza e danzatori, ma anche il carcere e l’omosessualità. Alla fine  i detenuti  hanno compreso il senso del nostro lavoro in carcere. La danza è un valido strumento per insegnare la cura del corpo e il rispetto dello spazio, scenico ma non solo, dell’altro”.

In Viola(ta) interpretata da Stefania Catarinella , Alfarano ha voluto dare spazio alle emozioni che accompagnano le donne vittime di violenza senza contestualizzare il fatto: “L’inizio di Viola(ta) è al tempo stesso anche la sua fine e viceversa, come un cerchio che si ripete ciclicamente dove la donna non ha una sola identità ma rappresenta ogni età, estrazione sociale e razziale, sotto il peso di un abuso”.
La forza espressiva della performance ha ottenuto il riconoscimento del premio della critica in Bielorussia all’IFMC 2018 a Vitebsk,  Festival Internazionale di danza contemporanea.