Piattaforma multi-videoconferenza: buoni risultati 1° anno diffusione

Aula bunker del carcere di Trani
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Stava per spostarsi a Roma, lasciando il Tribunale dove aveva trascorso gran parte della sua vita da magistrato. A breve avrebbe preso possesso della sua stanza al Palazzaccio – i romani chiamano così la sede della Cassazione – e lo avrebbero destinato a una delle sezioni. Cambiava la sua vita e la sua vista sulla giustizia, passando dal merito alla legittimità. Ma quella mattina era ancora là, al suo posto, e aveva appena saputo che un furgone della Polizia penitenziaria che trasportava un ergastolano in udienza al Tribunale di Gallarate, era stato assaltato. Il giorno prima il detenuto era stato spostato dal carcere di Cuneo a quello di Busto Arsizio e quella mattina aveva raggiunto in furgone il tribunale. Durante l’assalto i 4 agenti di scorta minacciati con dei kalashnikov e privati delle armi non avevano potuto impedire la sua evasione. Il fratello del detenuto, che aveva partecipato all’assalto ed era stato ferito, avrebbe poi perso la vita.

Il giudice aveva avuto più di qualche detenuto che, per partecipare all’udienza era stato spostato, trasferito, dislocato altrove, creando pericolo e producendo costi: “Basta con questo turismo giudiziario – era sbottato – esistono tutte le tecnologie per tenere udienze in videoconferenza ma serve una normativa a supporto”.

L’episodio riportato è del 2014, stiamo parlando dell’evasione di Domenico Cutrì, l’uomo che aveva perso la vita era suo fratello Antonino; per i quattro agenti di Polizia penitenziaria, fortunatamente, ‘solo’ lesioni guaribili. Ma poteva andare molto peggio.

Facendo un passo indietro, nel 1989 il decreto legislativo n. 271, Norme di attuazione del codice di procedura penale, all’articolo 146 bis prevede la possibilità di partecipare al dibattimento a distanza; che sia “attivato un collegamento audiovisivo tra l’aula di udienza e il luogo della custodia, con modalità tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto viene detto”; che al difensore sia consentito di essere presente accanto all’imputato, ma se, invece, è presente nell’aula di udienza, che possa riservatamente consultarsi con il suo assistito. In questo modo l’aula di udienza e il luogo dal quale si collega l’imputato vengono equiparati.

Con un salto di quasi trent’anni (e la normativa che seguì la strage di Capaci), arriviamo alla legge n. 103 del 23 giugno 2017 che ha inciso significativamente sull’articolo 146-bis, ampliando il ricorso alla partecipazione a distanza per tutti i soggetti detenuti e, con la collaborazione fra il Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria e quello dell’Amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, sono stati raggiunti risultati importanti a un anno dalla diffusione, ad opera della Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, della nuova piattaforma di Multi-videoconferenza, che ha sostituito e ampliato il servizio già esistente.

Riduzione delle traduzioni dei detenuti per partecipare alle udienze e conseguente forte risparmio di spesa, sono i risultati raggiunti grazie a un investimento complessivo di circa 45 milioni di euro, che ha permesso un importantissimo potenziamento della rete: 142 sedi giudiziarie e 90 sedi DAP sono state dotate di fibra ottica; riallestite 224 aule giudiziarie e 176 salette presso le sedi penitenziarie e, realizzate ex novo 52 aule giudiziarie e 249 salette. L’allestimento è consistito in moderne dotazioni e attrezzature che prevedono l’utilizzo di tecnologia domotica e fonia riservata VOIP. Un bel lavoro di squadra che ha visto nel biennio 2018-2019 impegnati da una parte un gruppo di lavoro costituito da 35 risorse della Direzione Generale S.I.A. e dei C.I.S.I.A. (a cui si aggiungono gli oltre 140 “assistenti al DEC” e i 50 “Funzionari verificatori” impegnati nella fase esecutiva del progetto), dall’altra i tecnici di società esterne ingaggiate col contratto pubblico di connettività SPC2.

Il cuore del nuovo sistema è a Roma, nella sede del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, in Via di Brava, dove è operativa una sala di regia, ultramoderna, presidiata da tecnici che svolgono tutte le procedure di attivazione, disattivazione e monitoraggio delle tante sessioni di multi-videoconferenza. I report parlano di una media mensile di 868 sessioni attive per un totale annuo di quasi 10mila, 2986 aule connesse e 63 procedimenti giornalieri, di cui 46 in contemporanea, con percentuali di successo pari quasi al 100%.