Quarant’anni fa a Palermo l’uccisione del giudice Gaetano Costa

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Il 6 agosto del 1980, in una via centrale di Palermo, due sicari della mafia uccidevano con tre colpi di pistola sparatigli alle spalle Gaetano Costa, mentre il giudice stava sfogliando dei libri su una bancarella. Da Procuratore Capo della Repubblica del capoluogo siciliano, Costa era impegnato in quegli anni in prima linea contro le organizzazioni criminali attive nell’Isola.
Costa, seppur consapevole dei rischi cui era esposto per via delle indagini che stava conducendo, scelse di rifiutare l’auto blindata e la scorta che gli erano state assegnate per evitare che la sua protezione potesse mettere in pericolo altre vite umane.

Costa, dopo che alcuni colleghi si erano rifiutati di farlo, aveva firmato dei mandati di cattura nei confronti del boss Rosario Spatola e di alcuni uomini della cosca Spatola-Inzerillo. E’ in questo contesto che è stato individuato il movente del suo brutale assassinio. Quello di Costa è un delitto che ancora oggi, sebbene la Corte di assise di Catania ne abbia accertato il contesto individuandolo nella zona grigia tra affari, politica e crimine organizzato, è rimasto senza un colpevole. Originario di Caltanissetta, proprio nella città nissena Costa svolge gran parte della sua carriera, prima da Sostituto Procuratore e dopo da Procuratore. Dopo il suo arrivo a Palermo, la Procura avvia una serie di indagini con l’obiettivo “di penetrare i santuari patrimoniali della mafia”.

In una nota in occasione del quarantesimo anniversario del delitto di via Cavour, l’Associazione nazionale magistrati ha voluto ricordare e onorare il giudice caduto sotto i colpi della criminalità organizzata: “Costa ha esercitato la propria missione con profondo impegno e appassionata dedizione, distinguendosi per la particolare fermezza ed il rigore morale, pur consapevole dei rischi personali connessi alla sua funzione di Pubblico Ministero”.