Quel legame tra il carcere di Padova e le sofferenze del Venezuela

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Qualche giorno fa abbiamo pubblicato l’articolo dal titolo Carcere di Padova, il 23 agosto concerto-evento per il Venezuela 
Oggi riceviamo, e pubblichiamo volentieri, un testo della cooperativa sociale Giotto (promotrice dell’iniziativa) in cui si spiega la nascita del rapporto con l’associazione Trabajo y Persona di Caracas e il significato delle attività, anche all’interno del carcere di Padova, in favore del Venezuela.

Che tra Venezuela e Italia ci sia un legame è presto detto, è storia nota ai più. Ma che esista un legame che passa anche attraverso il carcere, quello di Padova, non è così immediato. È una storia recente, ma di quelle che segnano profondamente. È la storia di un incontro tra la cooperativa sociale Giotto di Padova e l’associazione Trabajo y Persona di Caracas, ma ancor di più è l’incontro tra persone impegnate con la vita e in maniera diversa con le difficoltà della vita.
Difficoltà che oggi per chi vive in Venezuela sono a livello di sopravvivenza, si muore per assenza di medicinali di base e generi di prima necessità, si fa fatica a portare avanti un lavoro.
La vicinanza che i detenuti sentono nei loro confronti è reale. Racconta Nicola Boscoletto, presidente della cooperativa sociale Giotto: «Spesso alcuni di loro dicono che in fin dei conti si trovano in carcere, luogo di sofferenza e difficoltà, perché qualcosa di non buono e di brutto nella loro vita hanno combinato, mentre gli amici venezuelani si trovano a vivere una situazione peggiore senza aver fatto nulla per meritarla».
I primi incontri risalgono agli inizi del 2010 e nell’aprile del 2014 la prima visita in carcere di Alejandro Marius, presidente di Trabajo y Persona, preludio di un rapporto che nel corso degli anni è andato via via crescendo. Nell’agosto del 2015, sempre in occasione del Meeting per l’Amicizia tra i Popoli di Rimini, Alejandro torna in carcere con due amici, il venezuelano Germán ed il messicano Oliverio. Due persone entrambe vittime della spietata criminalità sudamericana. Il primo vivo per miracolo dopo un sequestro di 11 mesi, al secondo invece i sequestratori hanno ucciso il padre.

Un racconto incontro con un centinaio di detenuti che ancora è stampato nella mente e nel cuore di chi quel giorno era presente. Uno scambio di esperienze umane e lavorative che da allora non si è mai arrestato, grazie anche alla proficua collaborazione con l’Amministrazione penitenziaria che ha permesso in questi anni tantissime iniziative.
Anche quest’anno, questa opportunità si è ripresentata in maniera del tutto inaspettata.
«Quando ci hanno proposto di venire in carcere a presentare con un concerto il loro disco – spiega Nicola Boscoletto – siamo rimasti colpiti e contenti: un segno di una amicizia che piano piano, senza fare tanto rumore, costruisce legami profondi capaci di aiutarci reciprocamente». Ma ancor di più ha colpito la motivazione di Alejandro: «Il desiderio di libertà e il cambiamento dei carcerati che fanno il percorso lavorativo è lo stesso che voglio fare io ogni giorno ed è il tentativo che facciamo con Trabajo y Persona in Venezuela. Così una persona può diventare protagonista della sua vita e del bene comune, anche in carcere».

È un’opera musicalmente importante e di grande spessore, perché nasce da una storia che ha coinvolto tante persone con un grande desiderio nel cuore. A partire da Alejandro, a cui premeva offrire opportunità di educazione al lavoro, che andassero al di là della formazione, perché di fronte alla drammatica situazione della gente venezuelana questa non basta più.
C’era l’esigenza di qualcosa di più profondo, che accendesse il desiderio, appunto. Racconta Alejandro: «C’era bisogno della bellezza, non di una bellezza astratta, ma che avesse un legame diretto col lavoro. Di qui l’idea di un CD e un libro di canti che raccontassero di un popolo che ama lavorare cantando in allegria. Un’idea nata non per caso, ma da un incontro, quello tra me e Francisco Sanchez, un giovane chitarrista jazz che voleva emigrare negli Stati Uniti perché non riusciva più a mantenere la famiglia con la sua musica. Approfondendo l’ipotesi con Francisco abbiamo fatto una grande scoperta: le musiche sul lavoro in Venezuela sono tante e bellissime».

Francisco si è subito entusiasmato e ha pensato che recuperare i brani della tradizione sul lavoro meritasse di coinvolgere i più grandi musicisti del paese, a cominciare da Aquiles Baez, il più famoso chitarrista venezuelano. Incredibile, ma la proposta ha incontrato l’interesse di trenta musicisti che appartengono a storie e culture diverse ed è significativo che in un paese così ferito e lacerato abbiano accettato di lavorare assieme sul tema della bellezza e del lavoro. E se all’inizio il coinvolgimento di molti di loro, in primis Aquiles Baez, poteva limitarsi a “fare musica” e basta, l’entusiasmo di Francisco ha cambiato il loro approccio, tanto da voler approfondire i contenuti e spiegare a tutti le ragioni delle loro scelte artistiche e culturali.
“Venezuela – Il popolo il canto il lavoro” è il titolo del disco che è stato realizzato in Venezuela con tanta fatica, a causa dei frequenti black-out elettrici, prodotto e pubblicato in un cofanetto comprensivo di un libro di testi, in collaborazione con gli amici italiani di Itaca Edizioni (questo il link per l’acquisto online).

La sera del 22 agosto Sanchez, Baez e compagni suoneranno per la prima mondiale del concerto nel contesto internazionale del Meeting di Rimini (giunto quest’anno alla quarantesima edizione intitolata “Nacque il tuo nome da ciò che fissavi”) e presenteranno l’anima irriducibile del loro popolo: «Sì, perché – commenta Alejandro – la durissima realtà del nostro paese ci sfida
continuamente a riconoscere e affermare il senso della vita. Noi siamo più fortunati di voi italiani». La riprova il giorno dopo nell’incontro concerto con i detenuti del carcere di Padova.

Per saperne di più questo è il video di presentazione https://www.youtube.com/watch?v=2-iElqk-3is

Cooperativa sociale Giotto