Reati online, truffa e minacce: 5 ordinanze custodia cautelare

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La Procura della Repubblica di Tivoli ha disposto 5 ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip per “associazione per delinquere finalizzata alle truffe online” e “minaccia aggravata”.

Sarebbero 156 le truffe online accertate a partire dal settembre del 2017. Attraverso siti web specializzati venivano pubblicizzate vendite, tra l’altro, di apparecchiature elettroniche e telefoni cellulari, assicurando la spedizione del materiale a pagamento effettuato attraverso la ricarica di carte prepagate. Quando l’acquirente,  si rendeva conto però che la consegna del prodotto non avveniva, contattava il venditore che, inizialmente attribuiva la responsabilità al corriere incaricato della spedizione. Nel momento in cui si chiedeva il rimborso, i falsi venditori passavano alle minacce di aggressioni fisiche o di pubblicazioni di messaggi compromettenti a sfondo sessuale, minacciando che avrebbero utilizzato l’utenza telefonica fornita all’atto dell’ordine. I truffatori avevano tra l’altro, in alcune occasioni, millantato l’appartenenza al clan dei Casamonica, cosa poi risultata non veritiera.

A una donna vittima della truffa si deve la prova determinante che ha messo in scacco l’organizzazione. La signora si è infatti presentata a sporgere denuncia, fornendo anche la registrazione della conversazione avuta con il finto venditore. Gli investigatori l’hanno confrontata con quella da loro realizzata e la sovrapposizione dei due file ne ha permesso l’identificazione. Centinaia le vittime, residenti in diverse regioni. Non tutte hanno sporto denuncia, per molte hanno pesato le minacce ricevute e forse anche la convinzione che non sarebbe stato semplice identificare i truffatori.

In punto di diritto, interessanti e univoche sono state in questi anni le sentenze della Cassazione (n. 43705/2016 e n. 40045/2018 entrambe della II sezione penale) che, nelle ipotesi di truffa commessa attraverso la vendita di prodotti online, ha ritenuto sussistente l’aggravante della minorata difesa, prevista dall’articolo 61, 1 comma, n. 5, con riferimento alle circostanza di luogo (quindi né di persona né di tempo, che sono le altre previste dall’articolo).

La prima delle sentenze citate, ritiene infatti che “il luogo di consumazione delle truffe online è individuabile in un ben preciso luogo fisico, e cioè quello in cui l’agente si trova al momento della consumazione del delitto”, che si caratterizza in particolare, per la distanza da quello in cui si trova l’acquirente e dalla conoscibilità che di questo elemento ha l’agente. Ma non è sufficiente ad integrare l’aggravante, perché deve anche averne consapevolmente approfittato.

Ed è questo che secondo la Cassazione accade nelle truffe online: “Proprio la distanza tra il luogo di commissione del reato…e il luogo ove si trova l’acquirente del prodotto online – che ne abbia già anticipatamente pagato il prezzo, secondo quella che rappresenta la prassi di simili transazioni – è l’elemento che consente all’autore di porsi in una posizione di maggior favore rispetto alla vittima, di schermare la sua identità, di fuggire comodamente, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell’acquirente: tutti vantaggi che non potrebbe sfruttare a suo favore… se la vendita avvenisse de visu”.

Chi volesse quindi ancora affermare che il luogo informatico è in realtà un “non luogo”, la distanza virtuale tra i soggetti delle contrattazioni, dovrebbe comunque tenere presente la giurisprudenza di legittimità che negli anni si è venuta consolidando.