Religione in carcere: intesa tra Dap e Comunità Islamiche

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Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria rinnova la collaborazione con l’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia (UCOII) per favorire l’assistenza spirituale e gli incontri di preghiera per i detenuti di fede islamica. Il capo del DAP Bernardo Petralia e il presidente dell’UCOII Yassine Lafram hanno infatti firmato un Protocollo d’intesa, di durata biennale, che rinnova quello siglato nel novembre 2015.

L’accordo attua il principio della libertà religiosa previsto per tutti i cittadini e sancito dall’articolo 19 della Costituzione, nonché quello prescritto dall’articolo 26 dell’Ordinamento Penitenziario che garantisce a detenuti e internati di professare la propria fede religiosa anche in carcere. Principi che, considerata la multietnicità che da alcuni anni caratterizza la popolazione detenuta, vengono garantiti negli istituti alle diverse fedi e culture religiose professate.

Secondo quanto previsto dal protocollo, l’UCOII provvederà a comunicare alla Direzione Generale dei Detenuti e del Trattamento del DAP una lista di nominativi di persone che svolgono la funzione di imam sul territorio italiano e che sono interessate a prestare la propria opera negli istituti penitenziari. Poiché attualmente non esistono leggi che regolino i rapporti fra Stato italiano e comunità islamiche, questo elenco dovrà preventivamente ricevere il nulla osta della Direzione Centrale degli Affari dei Culti del Ministero dell’Interno.
L’elenco, inoltre, dovrà contenere l’indicazione della moschea dove ogni imam esercita l’attività di culto e, per ciascun nominativo, la scelta delle province – tre al massimo – dove egli intenda prestare la propria assistenza religiosa.