Riparativa, Cartabia: “Giustizia mite non debole”

Marta Cartabia, Milano 30 settembre 2022
FacebookTwitterWhatsAppEmailCopy Link
E’ la diffusione di una nuova cultura della giustizia, l’impegno che Marta Cartabia assume su di sè per il futuro: far conoscere la giustizia riparativa. “Una giustizia mite, ma niente affatto debole”, chiarisce parlando a Milano al Festival della missione, alla Colonne di San Lorenzo, dialogando con Ferruccio de Bortoli, editorialista del Corriere della Sera, e Adolfo Ceretti, criminologo, con esperienza ventennale di mediazione, che ha guidato il gruppo ministeriale di lavoro sulla giustizia riparativa.
La Ministra sottolinea come di fronte al reato  “il carcere è necessario, per mettere al riparo i cittadini da minacce e fermare la pericolosità di alcuni soggetti”. Ma può esserci una pluralità di risposte penali, come la messa alla prova, i lavori di pubblica utilità, tutte forme di ristoro per la società e per le vittime. E poi può esserci la strada parallela della giustizia riparativa, possibile solo con il consenso di entrambe le parti coinvolte, la vittima e il responsabile del reato. “L’autore di un reato guarda negli occhi la vittima e la vittima accetta di incontrarlo: si genera così una capacità ricostruttiva”.
La Ministra, mentre passano le immagini di due brevi video dedicati al racconto di Alby Griffith, una donna irlandese che ha incontrato l’uomo che le ha usato violenza, e a Manlio Milani, il presidente dell’associane familiari delle vittime di piazza della Loggia, ha ricordato che è proprio grazie ad Adolfo Ceretto, se ha potuto conoscere il percorso parallelo che compie la giustizia riparativa rispetto alla giustizia penale. E ha ricordato il “Libro dell’incontro”, sull’esperienza di dialogo tra vittime degli Anni di piombo – “un pezzo della nostra storia ancora sanguinante per tanti motivi”, ha detto la Guardasigilli –  e protagonisti della lotta armata.

Quello della giustizia riparativa è un percorso che può restituire “forza ed energia” come ha spiegato Griffith, che riconosce il ruolo di protagonista alla vittima, “perché nel nostro processo penale tutto è teso a punire l’autore del reato” ha ricordato la ministra Cartabia. Un’assunzione di responsabilità che il colpevole si assume guardando negli occhi chi ha subito gli effetti della violenza.

“Una giustizia dunque – come ha chiarito la Gurdasigilli – mite, sì, ma niente affatto debole”.