Sartoria San Vittore, tornano i turbanti benefici realizzati dalle detenute

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Sono allegri, fantasiosi e pratici i turbanti confezionati dalle detenute della Sartoria San Vittore, pensati per le donne che devono affrontare una malattia oncologica ma adatti a tutte quelle che amano i colori. Realizzati con tessuti naturali, i turbanti evocano acconciature etniche, quasi una sfida alle tinte più sobrie che spesso si associano alla malattia. Chi li acquista contribuisce a sostenere le attività dell’associazione Go5- per mano con le donne, destinate alle pazienti dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, Fondazione IRCCS.

Il progetto “La vita sotto il turbante”, che prende spunto dall’iniziativa Turbanti meravigliosi che lo scorso anno ha avuto il patrocinio del Comune e della Camera Penale di Milano, nasce dalla collaborazione della onlus GO5 con la cooperativa Alice, impegnata, con la sua Sartoria San Vittore, nel reinserimento lavorativo delle detenute.

“Un tempo le donne che dovevano sottoporsi a cure si vergognavano quasi della malattia, la nascondevano sotto trucchi pesanti e parrucche. Oggi il turbante viene portato con disinvoltura – dice Francesca Brunati, tra le fondatrici di Go5 –  e invia un messaggio positivo: è divenuto il simbolo della volontà di farcela”. “Indossare il turbante può diventare un piccolo rito per prendersi cura di sé, anche al tempo della chemioterapia, oltre a essere una accessorio trasversale che può essere portato da tutte le donne” aggiunge Francesca che lancia anche un appello ad aziende tessili e a privati perché donino garze, cotoni, jersey o altri tessuti, purché naturali .

“La vita sotto il turbante” è una delle iniziative che saranno presentate domenica 13 settembre alle 17, a Milano, nel Giardino condiviso San Faustino, nell’ambito della manifestazione “I talenti delle donne 2020”, organizzata dal Comune di Milano.

“Dalla sospensione delle attività per il lockdown la nostra associazione è uscita ampliata negli intenti e nel campo d’azione. All’inizio del progetto eravamo presenti nel solo reparto di ginecologia, oggi operiamo in tutto l’Istituto Nazionale dei Tumori e, in generale, le nostre iniziative sono pensate per tutte le donne malate. Inoltre, collaborando con la Cooperativa Alice, abbiamo creato un ulteriore e stabile canale di solidarietà che arricchisce il progetto, contribuendo a sostenere il lavoro delle detenute”.

I proventi della produzione di turbanti – che si potranno trovare durante la manifestazione di domenica in cambio di una donazione minima di 25 euro, oppure acquistare in punti vendita multibrand (consorzio Viale dei Mille1 e Bottega delle Associazioni, Spazioisola, Via Confalonieri, 3) – saranno destinati a un progetto di psiconcologia online post Covid, con il coordinamento della struttura di psicologia clinica della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano. All’evento del Giardino San Faustino, introdotto da Luca Costamagna, assessore alla cultura e alle politiche sociali del Municipio 3 di Milano, interverranno, tra gli altri, Giacinto Siciliano, direttore della casa circondariale di San Vittore, Diana De Marchi, Presidente della Commissione Cultura Pari Opportunità del Comune di Milano, e Claudia Borreani, coordinatrice della struttura di psicologia clinica dell’ IRCCS.

Sul palcoscenico, allestito all’interno del giardino, andrà in scena il reading teatrale “Con un filo di voce. Storie di solidarietà femminile”. Le attrici Livia Rossi, Noemi Radice e Josephine Capranica leggeranno appunti, riflessioni, versi delle donne detenute coinvolte nel progetto e delle pazienti dell’Istituto Tumori. Tra queste ultime Martina Cimmino, testimonial di tanti modelli di turbanti ma anche autrice e cantante di grande talento. Le attrici daranno voce alle sue ballate restate incompiute perché la malattia non ha concesso a Martina, scomparsa a diciassette anni, il tempo di comporre la musica.

“Credo che far conoscere la sofferenza di altre donne alle detenute che pure vivono una condizione dolorosa, anche se per motivi molto diversi, e offrire loro l’opportunità di creare qualcosa di utile aumenti il valore di questa iniziativa – conclude Francesca Brunati -. Dietro un turbante non c’è solo la volontà di guarire di chi lo indossa, c’è  un progetto d’integrazione sociale che aggiunge  la forza della solidarietà”.