Terrorismo e sbarchi
Scatta il blitz: 15 fermi

FacebookTwitterWhatsAppEmailCopy Link

Per un clandestino, senza problemi con la giustizia, arrivare in Italia costava l’equivalente di millecinquecento euro, per un altro con precedenti penali si poteva arrivare fino a tremila.
Queste le “tariffe” (in dinari) del viaggio su un gommone veloce dalla Tunisia che l’organizzazione criminale sgominata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo aveva imposto ai migranti. A gestire gli sbarchi, che avvenivano sulle coste di Mazara del Vallo, gli uomini della struttura dedita anche al contrabbando di tabacchi, che si serviva dell’appoggio esterno di un marocchino e due italiani.

I dettagli emergono dal racconto di un tunisino “pentito della Jihad”, detenuto a Sanremo per un mandato di arresto europeo francese per reati legati alla droga, che ha deciso di collaborare con gli inquirenti consentendo alla Dda di Palermo di avviare un’operazione che ha portato al fermo di 15 persone, eseguito dai carabinieri del R.O.S. nel capoluogo siciliano e nelle province di Trapani, Caltanissetta e Brescia.  L’uomo ha spiegato di essere arrivato in Sicilia anche lui nel 2016 a bordo di un gommone veloce partito da Tunisi e giunto a Marsala. Per le traversate, i natanti partivano dalla Sicilia con a bordo solo gli scafisti dopo che il contatto a Marsala riceveva tramite Skype e Messenger la conferma che erano pronti i clandestini da inviare e le sigarette di contrabbando. Una volta ottenuti i riscontri, i pm genovesi e i carabinieri del R.O.S. ligure hanno trasmesso gli atti ai colleghi palermitani che hanno svolto le indagini.

Tra gli accusati spicca la figura del cassiere dell’organizzazione: sul profilo Facebook dell’uomo, accusato di apologia all’Isis, sono stati trovati video di esecuzioni capitali, materiale propagandistico delle attività di gruppi islamici di natura terroristica come preghiere, scritti, ordini, istruzioni e video con scene di guerra, immagini di guerriglieri, discorsi e kamikaze scaricati dalla Rete. Scoperti anche suoi contatti con profili di altri estremisti islamici. Il sospetto degli inquirenti è che l’uomo abbia usato, per finanziare attività terroristiche, il denaro derivante dal traffico clandestino di esseri umani nel Canale di Sicilia.