Viaggio in Italia: la Costituzione nelle carceri

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Portare la Costituzione all’interno delle carceri italiane è l’obiettivo che si è posto la Corte costituzionale affinché si diffondano, anche all’interno delle mura degli istituti penitenziari, la conoscenza delle leggi e i valori della Costituzione italiana.

Il progetto, presentato oggi pomeriggio dal presidente della Corte Costituzionale Giorgio Lattanzi, vuole testimoniare che la Costituzione appartiene a tutti, anche a chi è costretto a stare dentro un carcere. Pur con le limitazioni connaturate alla detenzione, la Costituzione rappresenta una garanzia di legalità, uno scudo per i più deboli verso i poteri forti.

Il ‘viaggio’ inizierà il 4 ottobre dal carcere romano di Rebibbia e andrà avanti fino al 16 novembre con altri 5 incontri, per poi proseguire nel 2019. Le tappe già fissate sono nell’ordine: 15 ottobre San Vittore con la vicepresidente Marta Cartabia, 19 ottobre Nisida con Giuliano Amato, 29 ottobre Terni con Giancarlo Coraggio, 9 novembre Marassi con Francesco Viganò e 16 novembre Lecce con Daria de Pretis.

Gli incontri prevedono un primo momento dedicato a far conoscere la Costituzione, a come è nata, chi sono i Padri costituenti e come la loro passione sia riuscita ad entrare in ogni parola che la compongono. A seguire verrà scelto un “frammento di Costituzione” che ruota attorno al valore del libero sviluppo della personalità, valorizzato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 349 del 1993, dove si afferma che il detenuto, pur privato della maggior parte della sua libertà, ne conserva sempre un residuo. Al termine della lezione, infine, si darà ampio spazio alle domande dei detenuti sui temi della legalità costituzionale e si svilupperà un dibattito volto ad uno scambio di conoscenze ed esperienze.

Per l’alto valore culturale e sociale del progetto, Rai Cinema realizzerà un docu-film sul “Viaggio nelle carceri”. La regia sarà affidata a Fabio Cavalli che da anni opera nelle carceri e ha collaborato con i fratelli Taviani alla realizzazione di “Cesare deve morire” interpretato dai detenuti di Rebibbia.