Violenza donne, Cartabia: “Servono regole e cultura”

violenza-donne
FacebookTwitterWhatsAppEmailCopy Link

A dieci anni dalla firma della Convenzione di Istanbul che segna un passaggio importante per il contrasto contro la violenza nei confronti delle donne, oggi si torna a discutere di quanto sia importante mantenere un focus su questo argomento, che soprattutto durante la pandemia ha trovato terreno fertile.

La ministra della Giustizia, Marta Cartabia, intervenendo con un videomessaggio durante la conferenza nazionale organizzata dalla Commissione d’inchiesta sul femminicidio del Senato, “Il ruolo dell’Università nel contrasto alla violenza di genere“, ha specificato come la giustizia non sia mai stata interrotta per i procedimenti relativi ai reati contro abusi familiari ma anzi ha visto rafforzare le misure atte a facilitare l’accesso anche telefonico e telematico verso i canali che possano assicurare sostegno alle vittime.

La Convenzione di Istanbul segna un passaggio importante per il contrasto contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, grazie alle sue due anime – ha commentato nel suo messaggio la Guardasigilli – “Da un lato è uno strumento giuridico vincolante che richiede l’adozione di misure normative,  dall’altro si muove anche e soprattutto sul piano della prevenzione, richiede l’integrazione di politiche attive e opera per la trasformazione del contesto culturale. Molto è stato fatto ma molto resta ancora da fare rispetto ad un fenomeno lesivo della dignità personale”.

La Convenzione di Instabul, infatti, trattato internazionale contro la violenza sulle donne, firmato nel 2011 e ratificata dall’Italia nel 2013, e composto da 81 articoli, ha affermato un principio importantissimo: la violenza nei confronti delle donne è una violazione dei diritti umani (all’articolo 3 ). E non solo. Nel testo sono meglio definiti i termini di “violenza fondata sul genere”, intendendo con ciò “qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato”, figlia di una cultura di prevaricazione maschile che il capitolo terzo della Convenzione dedicato alla ‘Prevenzione’, ha cercato di affrontare chiedendo alla Parti firmatarie di mettere in atto misure adeguate a promuovere radicali cambiamenti socio-culturali “al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna” (articolo 12 della Convenzione).

L’Italia, dalla ratifica della Convenzione e sulla base delle indicazioni in essa contenute, ha elaborato e varato nuove norme procedurali riguardanti i maltrattamenti in famiglia e il delitto di stalking e ha inasprito le pene riguardanti la violenza consumata ai danni del coniuge separato o divorziato (Decreto-legge 93/2013 convertito in Legge 119/2013) . Successivamente, nel 2019, con la Legge n. 69  denominata “Codice Rosso”, (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere) ha previsto uno sprint per l’avvio del procedimento penale per alcuni reati, con l’effetto che possono essere adottati più celermente provvedimenti di protezione delle vittime; una ‘corsia preferenziale’ per le donne che denunciano (appunto come il codice rosso in ospedale) e che dovranno essere ascoltate dagli inquirenti entro tre giorni, mentre, la denuncia, potrà essere presentata entro 12 mesi dall’aggressione e non più entro sei.

La legge, anche la più severa, da sola non può bastare. La stessa Convenzione di Istanbul chiede agli Stati aderenti di porre in essere interventi di prevenzione e di sensibilizzazione culturale” ha aggiunto Marta Cartabia – “E’ necessario un intervento culturale forte, di sensibilizzazione specie nei confronti dei giovani, per questo trovo particolarmente apprezzabile l’impegno che le colleghe e i colleghi di diversi atenei italiani hanno profuso nel costituire UN.I.RE. (Università in Rete), un progetto atto a valorizzare il ruolo delle università nella lotta contro la violenza di genere, attraverso una continua opera di ricerca, di didattica e di sensibilizzazione pubblica per la prevenzione del fenomeno“.

 

Allegati