L’Unione Europea delinea nuove misure sul Whistleblowing

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La protezione da possibili ritorsioni di chi denuncia (dall’interno) frodi, evasioni, elusioni fiscali, violazione di dati e altri illeciti o misfatti, può incoraggiare molte persone a imitarlo, aumentando così le probabilità che un maggior numero di reati venga scoperto. E’ questo l’intento che ha spinto la Commissione Europea a redigere una Direttiva (pubblicata il 23 aprile 2018) sul Whistleblowing in ambito europeo.

In Italia una prima parziale presa in carico del problema sul piano giuridico è testimoniata dall’art. 51 della Legge “anticorruzione” del 2012 che modifica il decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 con l’inserimento dell’articolo 54 bis, intitolato “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti”.

La successiva Legge n. 179 del 30 novembre 2017  “Disposizione per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato” si inserisce nel quadro della normativa in materia di contrasto alla corruzione, disciplinandone un aspetto di fondamentale importanza: la tutela del soggetto che effettua la segnalazione di un illecito. L’obiettivo è, rispetto alla normativa precedente, assicurare una più efficace protezione dell’informatore estendendola anche al rapporto di lavoro privato, seppure in termini e con modalità differenti da quello pubblico.

Capire chi sia il whistleblower è fondamentale. Il termine, mutuato dall’anglosassone whistleblowing,  letteralmente verrebbe tradotto con “soffiare il fischietto”. Una metafora per indicare coloro che segnalano irregolarità. Ampiamente in uso nei sistemi di Common Law e in particolare negli USA, non ha ottenuto sufficiente diffusione negli Stati europei, dove non esiste una disciplina uniforme sull’argomento.

Ed è per questo che la Commissione Europea, comprendendone l’importanza, ha preso in carico il problema e lavora per garantire una protezione più estesa agli informatori per proteggerli da eventuali ritorsioni sia da parte delle amministrazioni pubbliche che delle aziende.

La proposta di Direttiva, che porta la data del 23 aprile 2018 e che recentemente è stata confermata anche da tutti gli Stati membri, vuole armonizzare il quadro normativo già esistente in 10 Paesi e invogliare gli Stati sprovvisti di una disciplina ad hoc, ad adottarla. L’Unione Europea vuole così porre fine alla pluralità e alla frammentarietà degli interventi e, con una regolamentazione finalmente uniforme, superare la disomogeneità attuale garantendo per tutti un livello di tutela più efficace.

Sinteticamente, le linee principali nelle quali la Direttiva si articola.

  • Si applica a un vasto numero di potenziali whistleblower, includendo anche soggetti che esulano dal tradizionale rapporto impiegato-datore di lavoro, come – fra gli altri – consulenti, appaltatori, volontari e tirocinanti.
  • Con riferimento al sistema di segnalazione, gli informatori saranno fortemente incentivati a utilizzare innanzitutto canali interni al luogo di lavoro, istituiti dall’organizzazione, prima di rivolgersi a quelli esterni, istituiti dalle autorità pubbliche. Ovviamente, qualora scegliessero di rivolgersi immediatamente a canali esterni, non perderebbero la loro protezione. Le aziende con oltre 50 dipendenti o le municipalità con oltre 10mila abitanti avranno l’obbligo di creare questi canali di segnalazione, efficaci ed efficienti.
  • L’ambito di applicazione è quello degli illeciti che riguardano la legislazione europea, definiti in modo ampio. Compresi gli appalti pubblici, i servizi finanziari, la prevenzione del riciclaggio di denaro sporco e la sanità pubblica. Un elenco di tutti gli strumenti legislativi dell’Unione Europea è incluso nella direttiva ma può essere ampliato dagli Stati che implementino le nuove regole.
  • Tra le forme di protezione previste ci sono quella che consente all’informatore di essere esonerato dalla responsabilità in cui dovesse incorrere violando le previste restrizioni circa la divulgazione di informazioni e la riassunzione provvisoria. All’informatore dovrà essere garantito un facile e gratuito accesso al sostegno legale ma anche a consigli e rimedi adeguati.
  • Le autorità o le imprese che raccolgano l’informazione hanno l’obbligo di dare seguito entro 3 mesi (con la possibilità, per i canali esterni, di estendere a 6 mesi, in casi giustificati); sono previste pene per coloro che ostacolino o cerchino di ostacolare i segnalanti, che li discriminino o violino l’obbligo di confidenzialità circa la loro identità.

Appena il Parlamento avrà confermato l’Accordo, il testo passerà all’esame di esperti linguisti giuristi, prima che venga ufficialmente e formalmente adottato. L’ultimo step riguarderà la pubblicazione sulla rivista ufficiale. Da quel momento, gli Stati membri avranno due anni di tempo per inserire le nuove regole nel loro sistema normativo nazionale.