Pizzini del boss dal carcere: scatta l’operazione, 30 arresti

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I Carabinieri hanno eseguito 31 misure cautelari nei comuni del Tarantino di Lizzano, Faggiano, Torricella, Sava e Maruggio, a Prato, Rimini, Caltagirone (Ct) e Milano. I reati contestati, a vario titolo, vanno dall’associazione per delinquere di tipo mafioso finalizzata al traffico di stupefacenti alla commissione di estorsioni con metodi mafiosi (fra cui atti incendiari ai danni di stabilimenti balneari e di altre attività commerciali di Lizzano), ma anche detenzione e porto di armi comuni da sparo e armi clandestine, rapina, lesioni personali, spaccio di droga e traffico di banconote false. Nello specifico, 26 ordinanze sono state emesse dal Gip del Tribunale di Lecce su richiesta della Dda. Cinque, invece, i provvedimenti del Gip del Tribunale di Taranto su richiesta della Procura.

Gli inquirenti sono risaliti a un gruppo legato alla Sacra Corona Unita facente capo ai boss detenuti Francesco Locorotondo, Giovanni Giuliano e Cataldo Cagnazzo. L’organizzazione, prevalentemente dedita al traffico di droga e all’imposizione del pizzo a esercizi commerciali di Lizzano, era capeggiata proprio da Cagnazzo, detenuto nel carcere di Prato: era lui che sovrintendeva alle attività del gruppo, impartendo ordini e direttive agli esponenti in libertà attraverso pizzini che riusciva a mandare all’esterno del carcere con l’aiuto della compagna di uno degli esponenti del gruppo criminale.

Dal penitenziario il boss avrebbe vigilato sugli equilibri interni ed esterni al gruppo dando il proprio consenso all’affiliazione di nuovi adepti, percependo e amministrandoo i proventi delle attività criminali. Il ricavato dal traffico di banconote false e dallo spaccio di droga veniva destinato alle spese di giustizia sostenute dagli affiliati in carcere, al mantenimento delle loro famiglie e per retribuire i pusher: a questi ultimi veniva garantito uno “stipendio” di circa 600/700 euro.