“Bruno Caccia ucciso per il suo impegno contro il crimine organizzato”

Il giudice Bruno Caccia
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“L’omicidio di Bruno Caccia è qualificabile come delitto di criminalità organizzata”: è questo il verdetto scolpito definitivamente dalla Corte di Cassazione motivando la condanna all’ergastolo per Rocco Schirripa che, insieme a Domenico Belfiore e altre persone non identificate, si rese responsabile dell’organizzazione del delitto ai danni dell’allora Procuratore capo di Torino.

Nelle motivazioni degli “ermellini” si legge che tra i moventi dell’omicidio di Caccia c’è “l’azione di antagonismo giudiziario” portata avanti dal magistrato che già 37 anni fa stava permettendo di ricostruire le dinamiche legate all’”espansione calabrese illecita nell’area piemontese e torinese”.  Caccia fu ucciso nel capoluogo piemontese la sera del 26 giugno 1983, proprio nei pressi della sua abitazione mentre stava portando a spasso il cane.

I giudici della Suprema Corte nella sentenza 17647, condividendo il verdetto della Corte di Assise di Appello di Milano del 2019, hanno affermato che “la matrice del delitto va collegata alla stretta vicinanza di Belfiore”, uomo della mafia catanese (condannato al carcere a vita nel 1992), e Schirripa, affiliato alla ‘ndrangheta, “come attestato dalle conversazioni captate”.
Durante la sua requisitoria all’udienza dello scorso febbraio, il Procuratore della Cassazione Alfredo Viola aveva spiegato che “ Caccia è stata la prima vittima di mafia al nord”.