I super-latitanti sono rimasti tre: Messina Denaro, Motisi e Cubeddu

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Con la cattura di Marco Di Lauro, boss della camorra arrestato a Napoli sabato scorso, la lista dei superlatitanti più ricercati d’Italia si assottiglia. Negli anni, sono cadute, una dopo l’altra, sotto i colpi delle forze dell’ordine, le tessere più pesanti del mosaico criminale del Paese.

Il figlio dello storico capo del clan di Secondigliano, assicurato alla giustizia dopo 14 anni di latitanza, è stato protagonista della faida di Scampia e indicato da un collaboratore di giustizia come mandante di 4 omicidi. Di Lauro figurava al secondo posto dell’elenco dei latitanti di massima pericolosità redatto dal Gruppo integrato interforze per la ricerca dei latitanti più pericolosi (GIIRL) della Direzione centrale della polizia criminale nell’ambito del Programma speciale di ricerca.

Il nome di maggior spicco della lista dei superlatitanti è quello di Matteo Messina Denaro, considerato, dopo gli arresti dei corleonesi Riina e Provenzano, l’esponente più influente e pericoloso di Cosa nostra. Il boss di Castelvetrano (TP) è ricercato dal 1993 per i reati, tra gli altri, di associazione di tipo mafioso, omicidio, strage, devastazione. La sua sfera d’influenza negli anni si è allargata, travalicando i confini del Trapanese per estendersi nelle limitrofi province di Agrigento e Palermo. La rivista statunitense Forbes lo ha incluso tra i dieci latitanti più pericolosi del mondo. ‘U siccu (il magro), uno dei soprannomi con cui è conosciuto Messina Denaro, deve scontare la condanna dell’ergastolo per essere stato il mandante o co-esecutore di numerose esecuzioni tra cui l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, rapito dalla cosca corleonese quando aveva solo 12 anni. Messina Denaro fu tra gli organizzatori del sequestro del piccolo per costringere il padre Santino a ritrattare le sue rivelazioni sulla strage di Capaci. Negli ultimi 20 anni numerose operazioni antimafia hanno fatto terra bruciata intorno al boss colpendo soprattutto, con arresti e sequestri di beni, la rete di fiancheggiatori che ne coprono la latitanza. Per il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Federico Cafiero De Raho, “il 2019 sarà l’anno della cattura”.

Espressione della mafia siciliana è anche il secondo criminale che figura nella lista dei superlatitanti. Giovanni Motisi, ritenuto uno dei killer di fiducia di Totò Riina (a lungo capo indiscusso di Cosa nostra e artefice della stagione stragista dei primi anni 90), ha fatto perdere le proprie tracce nel 1998. Ricercato per omicidi e per associazione di tipo mafioso, è stato inserito nel 2016 nella lista dei criminali più ricercati d’Europa dell’Europol, Motisi, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, è stato a lungo reggente del mandamento Pagliarelli e tra i boss più influenti del capoluogo siciliano. Il mistero che avvolge la sua latitanza ha alimentato l’ipotesi della sua morte. La caccia a Motisi, di cui l’ultima apparizione certa in Sicilia risale al 1999 (sono state trovate alcune foto del compleanno della figlia), non è però ancora definitivamente chiusa.

Nel mirino degli investigatori risulta, poi, Attilio Cubeddu, classe 1947, esponente dell’Anonima sequestri, latitante dal 1997 quando non fece rientro, al termine di un permesso, nella Casa Circondariale di Badu ‘e Carros (NU), dove era detenuto, per sequestro di persona, omicidio e lesioni gravissime. Cubeddu deve scontare 30 anni in via definitiva. Così come per Motisi, anche per l’ultimo erede della stagione dei sequestri, si è fatta strada negli anni la possibilità della morte dell’anziano criminale, anche se un presunto testimone ne ha fornito un dettagliato identikit, sulla cui attendibilità, però, permangono dubbi. Secondo il testimone Cubeddu non solo sarebbe ancora vivo ma “gira tra i monti del Gennargentu, ha due fucili, due pistole e una bomba a mano”.