L’ombra di Messina Denaro su legami tra politica, affari e mafia

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Un sostegno reciproco tra alcuni imprenditori e i clan mafiosi legati alla figura del boss latitante Matteo Messina Denaro. Questa accusa ha fatto scattare l’arresto nei confronti degli imprenditori Calogero Luppino, originario di Campobello di Mazara, Salvatore Giorgi (zio di Luppino) e Francesco Catalanotto, entrambi di Castelvetrano. A eseguire il fermo i Carabinieri del Comando Provinciale di Trapani, della Compagnia di Mazara del Vallo e del ROS, coordinati dal procuratore aggiunto di Palermo, Paolo Guido, e dai sostituti Francesca Dessì e Gianluca De Leo.

Coinvolto nell’inchiesta anche Stefano Pellegrino, avvocato di Marsala eletto nel 2017 deputato all’Assemblea Regionale Siciliana nelle liste di Forza Italia, attualmente presidente della commissione Affari Istituzionali e tra i componenti della commissione Antimafia: per il parlamentare regionale, che sarebbe stato sostenuto da Giorgi anche attraverso la promessa e la distribuzione di generi alimentari tra gli elettori in cambio del voto, è scattato l’avviso di garanzia per corruzione elettorale senza l’aggravante mafiosa.

Le indagini hanno consentito di monitorare la rapida ascesa imprenditoriale di Luppino sul mercato delle scommesse e delle slot machine. Un successo che sarebbe stato favorito dai clan di Castelvetrano e Mazara del Vallo, che avrebbero obbligato gli esercizi commerciali a installare i dispositivi telematici delle società di Luppino e Giorgi, minacciando di ritorsioni i titolari che si rifiutavano.

Un do ut des in piena regola con le cosche: in cambio bisognava provvedere alle spese legali e alle necessità del boss detenuto Franco Luppino e finanziarie i vertici delle famiglie mafiose di Campobello di Mazara, Mazara del Vallo e Castelvetrano. Francesco Catalanotto, invece, era il tramite per fare arrivare i soldi alla famiglia di Messina Denaro.