Mascherine contro violenza di genere:
l’impegno della Cooperativa Eva
24 Aprile 2020

Hanno combattuto per lasciarsi alle spalle un passato di maltrattamenti che le ha costrette a rifugiarsi in case famiglia per moltissimo tempo. Oggi, di fronte a questa nuova battaglia contro il virus silenzioso, non si sono tirate indietro e, riadattando le proprie competenze, hanno voluto scendere in campo per dare il proprio contributo con la produzione delle “Mascherine contro la violenza”.
Sono alcune delle vittime di violenze di genere sostenute dalla Cooperativa sociale E.V.A. che opera in Campania con cinque centri antiviolenza e tre case rifugio.
Tra i 25 e i 60 anni, le quattro donne si riuniscono all’interno della villa confiscata alla famiglia del boss Francesco Schiavone, detto Sandokan, e destinata al riutilizzo sociale. L’edificio si trova al civico 16 di Via Bologna, la strada che a Casal di Principe conoscono tutti perché un tempo associata al potere criminale del clan dei Casalesi.
Grazie all’aiuto di una giovane sarta esperta, e a un piccolo budget di donazioni, dalla settimana scorsa vengono prodotte circa 500 mascherine al giorno – di qualità, semplici e di colore azzurro – che possono essere riutilizzate fino a dieci volte dopo essere state igienizzate a 40 gradi e con una soluzione disinfettante.
Produrre le “Mascherine contro la violenza” è stato possibile anche attraverso la riconversione del progetto “Seta e moda”, finanziato dalla Regione Campania per la valorizzazione dei beni confiscati e indirizzato alla realizzazione di pregiati copricapo e foulard destinati alle donne affette da tumore al seno. L’iniziativa permetterà di rifornire gratuitamente, mediante una raccolta fondi che andrà a coprire principalmente i costi di spedizione, i 253 centri antiviolenza mappati dall’Istat in Italia di questi, oramai indispensabili, dispositivi di protezione.