Non solo Silvestri, quando il carcere finisce in una canzone

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Tra le 24 canzoni in gara alla 69esima edizione del Festival di Sanremo, scattata ieri sera, ha riscosso particolari consensi Argento Vivo di Daniele Silvestri. Sul palco, assieme al cantautore romano, anche il giovane rapper Rancore. La canzone parla delle difficoltà legate all’adolescenza e lo fa attraverso le parole e i pensieri di un ragazzo che prematuramente si è visto aprire le porte del carcere. “Ho sedici anni / Ma è già da più di dieci / Che vivo in un carcere  / Nessun reato commesso là / Fuori / Fui condannato ben prima di nascere”, questi i versi iniziali di Silvestri.  Una prigione non solo come condizione fisica, ma anche una gabbia mentale che avvolge l’anima e che trasforma il delicato periodo adolescenziale in un luogo recintato da sbarre d’acciaio impossibili da abbattere.

Ma la quotidianità del recluso, la vita all’interno degli istituti di pena, i pensieri dei detenuti sono stati spesso oggetto  delle canzoni che attraverso i loro versi riescono a dare un’immagine dei sentimenti, descrivendo la condizione di reclusi.

Lo ha fatto l’indimenticabile Lucio Dalla con La casa in riva al mare. “E sognò la libertà e sognò di andare via” le parole che rappresentano il  motivo che spinge un detenuto a resistere alla sua condizione di recluso e tutto ciò avviene attraverso la finestra della sua cella dalla quale, ogni mattina, guarda fuori, vede il  blu del mare, una casa bianca e una donna, e nutre la “speranza e una follia” di poter infilare “un anello nella mano di Maria”.

Passare “le giornate come sabbia nel deserto… tra voci di rimorsi e pentimenti”, sentirsi un “soldato scelto nella guerra perdente”, sono alcune frasi di Inevitabilmente di Fiorella Mannoia che mette in musica la lettera di una detenuta consapevole che “non si può tornare indietro mai [in una] vita che avevo già immaginata ma diversa nel finale”.

Ma il carcere è anche il luogo dove gli agenti penitenziari lavorano e passano gran parte della giornata e al “centesimo catenaccio alla sera mi sento uno straccio… Per fortuna, nel braccio speciale c’è un uomo geniale con me”. E’ Don Raffaè, al quale Cafiero Pasquale prepara il caffè immaginato dal grande Fabrizio De Andrè  e che sa risollevare le sorti una giornata storta: un “bell’ caffè, pure in carcere ‘o sanno fa’, co’ a ricetta di Ciccirinella, compagno di cella ci ha dato mamma’”.

La musica ha sempre cercato di tradurre la materialità del quotidiano, bella o brutta che fosse, in immagini chiare e ricche di particolari che potessero trasferire nell’ascoltatore le sensazioni che si possono vivere in un istituto di pena. Queste immagini tante volte sono fedeli alla realtà ma in alcuni casi si abbandonano alla fantasia. Anche oltre oceano. Elvis Presley lo sa bene e può capitare che il “direttore organizzi una festa nel carcere della contea… la band si agitava e la prigione iniziava ad animarsi… tutti ballavano il rock, tutti insieme ballavano il rock, tutti nell’intera prigione stavano ballando il Jailhouse Rock”.