Teatro in carcere e attori professionisti, confronto non solo virtuale

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L’attore Giulio Scarpati e le attrici Manuela Mandracchia e Pamela Villoresi sono stati i primi “ospiti d’eccezione” del progetto “Vorrei una voce – Con il teatro ai tempi del Covid-19”, video incontri con le detenute del “Piccolo Shakespeare”, teatro della casa circondariale di Messina. Un progetto nato per ristabilire un punto di contatto con la “Libera Compagnia del Teatro per Sognare” in modo da poter rendere meno pesante ai detenuti questo periodo di lontananza dai propri cari e anche permettere di tenere viva la creatività di chi era impegnato nell’allestimento del prossimo spettacolo “E allora sono tornata”, dedicato agli ottant’anni di Mina.

“Con Giulio Scarpati – racconta la direttrice artistica del progetto Daniela Ursino – si è trattato più che altro di un ‘incontro-prova’, un’anteprima simbolica perché Giulio è stato il primo maestro di teatro del nostro regista Tindaro Granata che lo ha voluto per sbirciare dalle pieghe di un sipario che di lì a poco si è aperto ufficialmente a tutti gli ospiti esterni. Scarpati, è molto atteso per un secondo incontro, per raccontare la sua vita di uomo e artista”.

Generosi e intensi i contributi di Manuela Mandracchia e Pamela Villoresi che, continua Daniela Ursino, “sono riuscite a superare la barriera della tecnologia, portando nuove emozioni, leggerezza, allegria, ma anche tanti spunti di riflessione e tante risposte alle domande delle detenute-attrici”.

Al centro della riflessione di Manuela Mandracchia un lungo sodalizio teatrale con Luca Ronconi e i film con Nanni Moretti, Marco Bellocchio e Cristina Comencini. Spazio anche alla scelta di dedicare la vita alla professione di attrice: “Ho continuato anche dopo l’accademia a studiare – ha raccontato – perché il mondo del teatro è fatto di passione, desiderio ma anche studio, applicazione, serietà e fatica. Ho anche deciso di dare vita a una compagnia fatta da tutte donne, per mettere in scena qualcosa che parli delle donne, troppo spesso vittime degli stereotipi che vengono da fuori. Sono spesso solo madri, figlie, mogli, non hanno un’autonomia di racconto e non vengono narrate nella loro complessità”.

Pamela Villoresi ha parlato della sua esperienza attuale di direttrice del Teatro Biondo di Palermo, un teatro al femminile, che ha voluto aprire alle donne, ai giovani, alle culture e alle differenze. “Per me – ha detto – un modo di finire in bellezza una carriera che è stata faticosa e costruita mattoncino su mattoncino, senza mai cedere a compromessi e mantenendo sempre autonomia e autenticità nelle scelte”. Molti gli aneddoti di una carriera ricca di interpretazioni di grande complessità, spesso di donne dalle molte sfaccettature: “Nel dar corpo ai personaggi bisogna entrare nelle pieghe più profonde della vita, nel bene e nel male e spesso questo non è facile”, ha concluso l’attrice.

“Vorrei una Voce – Con il teatro ai tempi del Covid-19” è realizzato con il sostegno della Caritas diocesana di Messina-Lipari ed è un progetto che, tiene a sottolineare la direttrice artistica, “vede il coinvolgimento di tutto l’istituto penitenziario di Gazzi in ogni sua componente ed è fortemente voluto dalla direttrice Angela Sciavicco, dal comandante della Polizia Penitenziaria, Antonella Machì, e dal presidente del Tribunale di Sorveglianza, Nicola Mazzamuto”.

“Vorremmo che la nostra voce – concludono Daniela Ursino e Tindaro Granata – quella dei detenuti e di tutti coloro che lavorano al progetto, sia d’auspicio, per una rinascita generale e per una rinascita per tutto il mondo dell’arte e degli operatori dello spettacolo”.

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