“Avvocati: dall’emergenza
Covid-19 possibile svolta”

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L’emergenza Coronavirus ha inciso profondamente sulle abitudini degli italiani. Cambiamenti improvvisi che hanno riguardato anche le attività lavorative di buona parte della popolazione. Non fa eccezione il settore della giustizia, che ha risposto prontamente con udienze a distanza, webinar di aggiornamento e videocollegamenti. Una rivoluzione dettata dalla necessità a cui non si è sottratta la professione forense, chiamata a confrontarsi, in ottica futura, con possibili occasioni di rinnovamento che sino a poche settimane fa apparivano premature. Ne abbiamo discusso con Edoardo Diotallevi, 28 anni, avvocato tributarista del Foro di Roma.

In che modo l’attuale situazione di emergenza ha inciso sulla sua attività?

“Il diffondersi del Covid-19 ha inevitabilmente modificato alcune abitudini, limitando la possibilità di svolgere l’attività professionale all’interno degli studi, specie quando ospitano un numero considerevole di professionisti, e riducendo le occasioni di incontro diretto con i clienti. D’altra parte, la pandemia ha anche ampliato il ricorso a strumenti, come per esempio il lavoro da remoto, che venivano già impiegati, ma su scala più ridotta. Paradossalmente, l’emergenza ha contribuito in maniera decisiva a favorire e accelerare la digitalizzazione di un settore da sempre un po’ restio a questa forma di cambiamento”.

Avv. Edoardo Diotallevi
Avvocato Edoardo Diotallevi

Come giudica l’esperienza dello smartworking?

“Il giudizio è positivo. L’emergenza ha finito per rendere imprescindibile l’adozione di una modalità di lavoro che nel settore legale veniva spesso guardata con diffidenza. In questa fase, invece, lo smartworking si è rivelato una risorsa preziosa, determinante nel consentire la prosecuzione dell’attività lavorativa, peraltro senza particolari difficoltà. Se da un lato non è in grado di sostituire il rapporto diretto tra cliente e professionista, dall’altro lo smartworking è certamente idoneo a integrarlo, ampliando le opportunità di contatto e collaborazione. È auspicabile che si possa far tesoro di questa esperienza e che, al termine dell’emergenza, questa modalità di lavoro continui a essere adeguatamente valorizzata: si tratta, in fondo, di uno strumento in grado di consentire il bilanciamento tra esigenze lavorative ed esigenze personali dei professionisti: penso, per esempio, agli impegni familiari o a quanti vogliano affiancare all’attività lavorativa un percorso di formazione e aggiornamento”.

La quantità di lavoro è diversa rispetto a prima dell’inizio dell’emergenza?

“L’emergenza ha determinato un generale rallentamento delle attività economiche che ha, inevitabilmente, prodotto ripercussioni anche sulla professione forense. D’altra parte, si sono aperte nuove opportunità lavorative: lo studio per cui lavoro ha assistito alcune casse previdenziali in sede di valutazione dei profili fiscali correlati alla elargizione di indennità a beneficio dei propri iscritti, al fine di alleviarne le difficoltà economiche derivanti dal Coronavirus. Abbiamo inoltre costituito un team che, quotidianamente, si occupa di monitorare i provvedimenti legislativi e amministrativi emessi in relazione al Covid-19, nonché di analizzare le possibili implicazioni che tali provvedimenti avranno sulle attività dei nostri clienti”.

Quanto sta accadendo in questo particolare momento storico influirà sul futuro della professione forense?

“È difficile ipotizzare quanto tempo occorrerà per un effettivo ritorno alla normalità: questa emergenza, del resto, ha evidenziato in modo chiaro la scarsa attendibilità di qualsiasi analisi di lungo periodo. Di certo, però, all’avvocato sarà richiesto di affiancare, alla sua tradizionale attività di consulenza, un’ampia capacità di analisi del contesto socio-economico che verrà delineandosi. Sarà quindi compito del professionista provare a farsi interprete delle implicazioni che deriveranno da un quadro eccezionale e incerto come quello attuale”.